Giordi e la formica

Formiche!
Una lunga distesa di piccoli insetti neri, senza principio né fine. Si calpestavano, si rincorrevano, si sorpassavano senza alcun criterio. Una massa mastodontica, come un unico essere.
... e le formiche continuavano, imperterrite, a seguire con disinvoltura la propria strada, la scia tracciata dall'insieme; che importanza aveva oramai quella ritardataria in coda al gruppo? Un'innocua, semplice e inutile formica come tutte le altre, se non fosse stato per quell'enorme briciola che stava trasportando. Ah, se solo lo avesse saputo... quel prezioso cimelio sarebbe stato il suo ultimo pensiero, e la veloce fuga si sarebbe rivelata invece una mossa intelligente. E tutto per colpa di un normalissimo uomo e di un tenero bambino; la guardavano perplessi. L'uomo, con uno sguardo indecifrabile, ne studiava con finto interesse il cammino, mentre gli occhi del bambino lasciavano trapelare una non troppo nascosta voglia di giocare a fare il dio. Probabilmente, quella povera formica avrebbe avuto qualcosa da ridire sul fatto che il suo destino era in mano a due perfetti sconosciuti, che con la sua vita avevano assai poco a che fare.
"La vedi quella formica?", chiese papà Paolino. Cercava di guardare allo stesso tempo sia l'affaticato insetto che il figlio accanto a lui, ma stava fallendo clamorosamente. E i fondi di bottiglia che l'oculista gli aveva venduto come occhiali non l'aiutavano di certo.
Giordi assunse la tipica espressione da innocuo bambino che vuole esplorare il mondo attorno a sè, socchiuse duramente gli occhi, si alzò deciso e cercò di calpestare la formica. Ma quando rialzò il piede, con grande rammarico scoprì che l'insetto era ancora bello vispo, e continuava a seguire la sua strada, sempre trasportando quell'ambito trofeo. Giordi, leggermente confuso, cercò allora di mandare nuovamente a segno il piede, ma papà Paolino glielo impedì.
"No, non ucciderla", gli disse con tenerezza. "Perché vuoi farlo?"
Giordi strinse le spalle e corrugò la fronte.

"Ascoltami Giordano, ascoltami un secondo. Ok? Mettiamo che tu cresca e che diventi presto un bell'uomo forte e con i capelli lunghi, proprio come il nonno." E non come me, aggiunse mentalmente papà Paolino. "Diciamo... un Giordi tra vent'anni... Già, con le spalle robuste e larghe, le braccia muscolose, la barba incolta. Ci sei?" Giordi annuì, diffidente. "Bene. Mettiamo che, dopo un lungo fidanzamento con Alessia... eh, sì, quella bambina che ti piace... Dicevo che, dopo questi anni di fidanzamento, hai finalmente deciso di sposarti, sì, di comperarti una bella casetta in riva al lago, con il tuo bel pezzo di terra da coltivare, il grande giardino a cui provvedere, la siepe verde da modellare..." Papà Paolino scosse la testa, mentre un'espressione malinconica invadeva il suo volto. "I sogni, buon Gesù, che brutta roba... Comunque", continuò poi, "desideri avere almeno un paio di figli, magari un maschietto e una femminuccia, e coccolarli tutto il giorno, giocare con loro, istruirli su come potare le piante prima che arrivi la primavera, spiegare l'enorme differenza che passa tra una rosa sempervirens e una rosa di San Giovanni... insomma, farti una deliziosa famiglia! Come desiderano tutti." Già, come desiderano tutti. "E allora veniamo a noi... mi segui ancora?"
Giordi fece segno di sì con la testa, ma non era sicuro di aver risposto alla domanda giusta. I suoi pensieri stavano formando tante di quelle immagini nella sua mente, che un bambino di sei anni non poteva che porsi in continuazione nuove domande.
"Bravo! Ecco, succede che un giorno devi andare a fare la spesa, ok? Ci andiamo spesso anche io e te, no? È una cosa normale. Bene, prendi la tua fuoriserie e vai al supermercato. Entri, compri un po' di tutto, ricordandoti delle verdure che sono importanti, delle bistecche che danno forza, dei cioccolatini al liquore che sai che piacciono tanto a tua moglie anche se lei cerca di nascondertelo in tutti i modi, e le caramelle al latte di cui tu sei ghiotto. Poi torni verso casa. Per strada vedi il negozio del fioraio e decidi di fermarti per comperare un ricco mazzo di pregiate orchidee, con cui ammaliare il cuore della tua donna e per farti sentire dire ancora una volta quanto lei sia innamorata di te. Bene, pensi che finalmente è ora di tornare a casa. E a questo punto cosa succede?"
Cosa succede? Eh, che succede? Boh, Giordi non ricordava più cosa doveva comprare al supermercato, e pertanto stava già pensando alla mamma che lo avrebbe presto sgridato.
"Succede che, all'improvviso, un piede gigantesco piomba giù dal cielo e ti schiaccia. Capisci? Spiaccica per bene la tua bella auto, la tua spesa, i fiori appena acquistati ed il tuo grazioso faccino. E tutto finisce, sul più bello. E allora dimmi: chi penserà a tua moglie? E ai tuoi figli? Che ne sarà della tua famiglia?" Papà Paolino si schiarì la gola. "Hai capito quello che ho voluto spiegarti?"
Giordi era parecchio confuso, ma era abbastanza sicuro di una cosa: si era perso da qualche parte, tra la partenza con la macchina e la spesa al supermercato. Probabilmente aveva sbagliato strada. Capitava spesso anche a papà Paolino. Però c'era la faccenda di quel piede gigante che arrivava all'improvviso... Ehi! Un piede gigante! Meglio dei fumetti!
Alla fine annuì timidamente. Non sapeva a cosa, ma nel dubbio era meglio assecondare papà. In special modo quando aveva quello sguardo poco chiaro.
"Già", continuò ancora papà Paolino, ignorando il figlio. Sembrava si volesse confessare con se stesso. "E se magari ti salvi, poi un brutto giorno ti accorgi che tua moglie si è mangiata un dirigibile a colazione, che al lago non ci puoi andare a vivere perché a lei non piace e nutre una fobia incurabile per i moscerini, che nel giardino non devi nemmeno pensare a mettere giù qualsiasi tipo di pianta perché lei è allergica persino all'aria che respira, che la grande buca che hai già scavato per quel sogno di pino argentato la si può anche chiudere, e che si può dire basta ai figli, visto che di pancia ne ha una sola e non le và proprio che gliela taglino una seconda volta."
Giordi guardò papà Paolino con aria indifferente. Ancora una volta a parlarsi da solo. Chissà cosa aveva da raccontarsi.
"Vuoi saperla una cosa?", disse quindi l'uomo, rimettendosi a posto gli occhiali. "La vedi la briciola che trasporta quella formica?"
La briciola? Certo che la vedeva... D'accordo, Giordi aveva delle grandi, enormi orecchie a sventola, questo sì, ma gli occhi funzionavano. Eccome se funzionavano! Altro che quelli di papà! Ah, ma perché non poteva schiacciarla, quell'odiosa formica? Sperò con tutto il cuore che papà Paolino non gli raccontasse un'altra volta quella storia sulla spesa.
"Lo sapevi che una formica riesce a portare sul suo corpo così tante cose, ma talmente tante che possono arrivare a pesare anche otto volte più di lei?"
Giordi non era certo di aver capito bene il concetto. Non sembrava, ma a quanto pareva quell'insetto, per quanto desse l'impressione di essere terribilmente insulso e debole, era quantomeno interessante. E, per il momento, meritevole di essere risparmiato dalla sua furia innocente. Insomma, lo pesti con forza e lui è ancora vivo, poi si viene a sapere che ha questa forza sovrumana e... e poi? Cos'altro ancora? Rincorre i cani e sbrana i gatti?
"Ci pensi? Prova a immaginarti mentre porti sulle spalle altri otto piccoli Giordi." Papà Paolino spalancò allora gli occhi, e gli spessi occhiali lo trasformarono in un perfetto imbecille dallo sguardo allucinato; le pupille erano grandi quanto una noce. "Ci riesci? Riesci ad immaginarla questa montagna di bambini?"
Giordi si soffermò un secondo su quello che aveva detto papà Paolino. Otto piccoli Giordi sulle spalle? Ma che domande gli faceva? Prima quell'assurda storia sulla spesa e sul piede gigante, poi questa... Mah, probabilmente aveva messo il sale nel caffè un'altra volta, quella mattina a colazione. Dunque... c'è un Giordi che sale sopra le sue spalle e poi un altro che sale sopra tutti e due. Tre Giordi. Bene. Tre... quindi dopo viene il Giordi numero quattro, no? Sempre sperando che nel frattempo la montagna di bimbi non sia caduta. E dopo il quattro, il cinque: il Giordi numero cinque, giusto? Però, non dev'essere facile salire fin là sopra! E quindi il... beh, e quindi basta! Dopo il cinque i numeri rimanevano per il bambino una cosa decisamente poco interessante e soprattutto trascurabile. Cinque caramelle di solito erano più che sufficienti. Cinque liquirizie erano una bontà sopraffina. Cinque lecca lecca facevano venire il mal di pancia, questo sì, ma poteva sopportarlo pur di assaporare il loro gusto dolcissimo. Sì, cinque era un ottimo numero. Poteva fermarsi lì.
E mentre pensava, pensava e pensava, la formica finalmente raggiunse il gruppo e si mescolò tra le compagne. Giordi a quel punto sarebbe stato parecchio entusiasta nel dare una morte sufficientemente orribile a quanti più insetti possibile, ma una voce tuonò alle sue spalle. Ahi, brutto affare quella voce. E quel tono! Oh, cielo, proprio quel tono!
"PAOLO!", s'impose la voce.
Mamma uscì di casa in tutta la sua imponenza, oscurando, con la sua titanica ombra, la magrolina figura di papà Paolino. Le mani ai fianchi, una postura da marine, una cellulite che prendeva il sopravvento più o meno dappertutto, lo sguardo arrabbiato, gli occhi socchiusi, la bocca piegata all'ingiù. Sì, insomma, il perfetto esempio di moglie amorevole. Decisamente.
Papà Paolino la guardò con un'espressione tipica di chi sta andando ad assistere al proprio funerale. Fece per dire qualcosa, poi ripensò a quant'era grossa sua moglie e a quanta potenza aveva la sua voce, così decise per un più saggio silenzio.
Giordi invece fece finta di niente. Conosceva fin troppo bene quella situazione. Perché doveva vederla un'altra volta ancora? Era come una replica in Tv, no? Solamente noiosa.
Accelerò il passo...
... ma le formica erano sparite.
Accidenti!
Papà Paolino, intanto, si soffermò a parlare con mamma, non avendo, una sola volta che fosse una, il coraggio di alzare la testa e guardarla negli occhi. Borbottò qualcosa che Giordi non riuscì a capire, perché mamma faceva sempre la voce grossa, quando aveva quella faccia. E papà Paolino sembrava non ci fosse nemmeno. Che uomo.
Alla fine di una discussione a senso unico, entrarono assieme nel capanno degli attrezzi. Già, quello stesso capanno che papà Paolino aveva costruito apposta per contenere tutti gli strumenti da giardinaggio per il suo giardino dei desideri: un tagliaerba rumoroso; una zappa malandata; un rastrello senza denti; una vecchia ramazza; ecco, sì, un badile; e giusto un paio di forbicioni... sì, delle forbici robuste e dalle lame affilate, quelle ci volevano! Insomma, non chiedeva poi molto, era uno che si sapeva accontentare. E invece, muffa, polvere e ragnatele avevano avuto presto il sopravvento. Che ne restava quindi del suo capanno? E dei suoi attrezzi con cui avrebbe modellato il giardino? Oh, quel giardino che aveva tanto sognato, ma che non era mai nato... Proprio così, mai nato, nonostante la buca per la prima pianta fosse già lì, pronta, impaziente...
Chissà come mai erano entrati proprio lì, nel capanno. Probabilmente mamma, non avendo molto altro da fare la domenica pomeriggio, aveva deciso di essersi stancata di quella baracca che non serviva a niente, e avrebbe ordinato a suo marito di buttarla giù.
Giordi alzò lo sguardo quando improvvisamente sentì un urlo. Era mamma, ma non stava facendo la voce grossa come al solito. Poi scorse papà Paolino uscire lentamente. Portava in spalla il grasso corpo della mamma. Dalla schiena della donna spuntavano entrambe le forbici impolverate che papà teneva dentro al capanno e che non aveva mai usato.
Prima d'ora.
Piano piano, lo vide dirigersi verso il giardino che aveva sempre sognato... Già, verso quel giardino in cui poteva far bella mostra di sé quell'enorme buca che non aveva mai potuto ospitare il pino argentato. Avrebbe comunque ospitato qualcos'altro.
Com'era buffo, papà Paolino così affaticato e in una simile posizione! Sembrava proprio quella formica che trasportava la briciola...
Ohibò! La formica!
"Formichina", disse Giordi, cauto. I suoi genitori erano già su un altro pianeta, evidentemente. "Dove sei finita?"

Simone Corà