Fastidio

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

In principio pensavo fosse il gatto.
Ma poi ho dovuto ricredermi.
Sentivo masticare, mordicchiare. Non era vero dolore quello che avvertivo, ma piuttosto una sensazione intensa di fastidio. Piccoli denti affilati, che però non affondavano nella carne.
Succedeva sempre nel dormiveglia, e così non mi rendevo bene conto. Poi l’ho visto passare accanto al letto.
Ricordo ancora il tuffo al cuore ed il senso di gelo che è seguito subito dopo.
Sono rimasta immobile, ponderando la situazione. C’era qualcuno in fondo al letto, e non era il mio gatto. C’era qualcuno che mi rosicchiava i piedi.
Non ho guardato subito, perché poi la luce del giorno e il suono della sveglia lo hanno fatto smettere.
Mi ci sono voluti giorni e giorni. Vedevo il bozzo sotto il piumone, ma non avevo il coraggio di sollevare le coperte.
Alla fine mi sono fatta forza.
Erano in due.

Erano orribili. Uno era un volto senza occhi, tondo e con una boccaccia carnosa piena di denti aguzzi. Gli unici arti di cui era in possesso erano due mani umane attaccate direttamente alla gola. L’altro, il suo compare, era un grosso ragno con una testolina d’uomo grossa come una palla da tennis e ricoperta di scaglie di pesce argentate. Le sue zampe erano lunghe e filiformi, i suoi occhi neri e profondi. Quando i nostri sguardi si sono incrociati, mi ha guardato torvo e carico d’odio.
Non so perché ce l’hanno tanto con me. Non so come fare a farli smettere, e quando mi alzo, i miei piedi e le mie caviglie sono pieni di graffi.
Ultimamente ho la sensazione che le giornate siano sempre più brevi, e le notti sempre più lunghe. E so che loro non hanno fretta, poiché arriverà la lunga notte infinita in cui mi sbraneranno fino all’osso.

Samanta Laghi