Il bravo figlio

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2016 - edizione 15

Oggi sto facendo il bravo.
E' da molto che faccio il bravo.

Mia madre ha preparato anche un po' di te.
Zia Antonia ride così forte che sembra soffocare. Dalla guancia squarciata, le cola un'umida polpa rossastra.

Ogni tanto incrocio lo sguardo di mio padre.
In queste riunioni di famiglia, lui mi tiene sempre d'occhio per vedere se mi comporto bene.
Ad un certo punto si avvicina e mi accarezza il viso, lasciandomi impronte nerastre di pelle marcia ed unghie spezzate.

L'ultima volta che non sono stato bravo è stato quest'inverno. Ho rovesciato la zuppa sul tappeto, e la mamma si è arrabbiata tantissimo.
Ti prego, non lo dire al papà! -, l'ho pregata. E lei ha riso forte. Sembrava la zia Antonia, che ride sempre così.
Non lo diiree al papààà -, mi ha ripetuto lei con la voce del Topolino.

Allora ho riso anch'io. Quand'ero piccolo, io e la mamma giocavamo sempre al Topolino.

La sera papà è entrato nella mia stanza, e con la cesoia che usa per il giardino mi ha mozzato la mano destra. L'osso si è spezzato con uno schiocco secco, e dopo ho dovuto lavare tutto il sangue dalle pareti. Poi la sera me l'hanno presentata a cena, la mia mano, arrostita con un contorno di patate e cavolfiori.

Mia sorella Lucia non è mai stata brava.
Adesso è sdraiata sul tavolo, e si muove ancora, nonostante tutto. Emette dei suoni soffocati, sembrano quasi dei miagolii. Gli occhi e la bocca cuciti stretti la fanno rassomigliare ad un piccolo peluche.
Dallo stomaco aperto, mia madre prende ogni tanto delle manciate di viscere con un largo cucchiaio, e le dispone elegantemente ordinate nel piatto da portata da far girare tra gli ospiti.

Anch'io ne prendo un boccone, non vorrei far arrabbiare papà.

Sebastiano Natalicchio