L'ultima visione del Figlio della Stella del Mattino

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2016 - edizione 15

“Abbattete i cavalli!” gridò, paonazzo, il generale.
I soldati in cima alla collina cominciarono ad abbattere gli animali per farsene riparo.
“Carter, rapporto: sopravvissuti?”
“Siamo sessantatrè, generale!”
“Come è potuto succedere tutto questo, caporale? Noi abbiamo carabine Springfield, calibro 45, con una precisione assoluta fino a 300 metri. Quei dannati indiani hanno fucili ad avancarica, archi, frecce e tomahawk. Ci siamo scontrati, è vero, con un grande numero di guerrieri ma, nonostante il nostro fuoco di fila, non ne abbiamo abbattuti neanche uno!”
Il caporale stava per rispondere ma fu interrotto:
“Sergente O’Ryan a rapporto. Generale, devo comunicarle che molte delle nostre perdite sono determinate da suicidi!”
“Ma che cazzo state dicendo?” urlò, furibondo, il generale.

“L’ha riferito il soldato Armstrong che ha visto alcuni soldati portarsi la colt alla tempia e spararsi!”
”Ma che ragione...”
“Guardi bene, generale” gridò il caporale, indicando gli indiani che risalivano la collina, “la ragione è davanti ai nostri occhi!”
Il generale aguzzò lo sguardo e capì. Quelli che risalivano la collina non erano indiani: le linee colorate che solcavano i loro visi erano le pitture di guerra che lui aveva imparato a conoscere ma la loro pelle era grigiastra e vuote le orbite degli occhi. Le pallottole non li fermavano: li attraversavano senza provocare alcun fiotto di sangue e quando giungevano al combattimento corpo a corpo, addentavano alla gola i soldati e incominciavano a mangiarseli ancora vivi.

“Cavallo Pazzo ti saluta, grande Toro Seduto, i bianchi sono stati completamente distrutti. La Danza degli Spettri ha fatto resuscitare i nostri antenati. Così saremo invincibili!”
“Tu hai voluto vincere senza combattere; il vero Hunkpapa deve combattere vincendo o, perdendo, offrire la propria vita al Grande Spirito!”
“Ma i nostri antenati oggi hanno ucciso il Figlio della Stella del Mattino che i cani bianchi chiamano Custer!”

Roberto Masini