Lama d'argento

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2015 - edizione 14

Sembravano umani. Certo un qualche mutamento al trapasso avrebbe reso più semplice usare l’argento, ma sapere era inutile: bastava credere per trascorrere notti insonni al cimitero a scavare, riportare alla luce bare, uccidere senza pietà. Sentivo addosso il lezzo di putrefazione, mi accompagnava quasi fosse diventato una seconda pelle impossibile da eliminare.
Compresi la necessità di dimenticare i morti per sterminare i vivi che infestavano il mondo. Pianificai di agire alle prime luci dell’alba, proprio quando si abbandonavano al riposo dei dannati. Imparai a diffidare di tutti, creando un’apparenza di ordinaria tranquillità che allontanasse ogni sospetto degli omicidi. Dovevano sembrare opera di un assassino seriale.

 

Liberare il mondo dai vampiri è un incarico faticoso e richiede sacrifici. Anche delle persone più care. Mi venne rivelata la vera natura della donna che frequentavo da qualche tempo: entrato con una copia della chiave, mi avvicinai per ucciderla nel sonno, coprendole la bocca con la mano per evitare che gridasse.
Prima che le conficcassi lo stiletto nel cuore, cercò di difendersi mentre sentivo la mente annebbiarsi alla vista del sangue e continuavo a colpire fino a restare senza forze. Avevo pronto un cambio d’abito e andai in bagno a lavarmi, accorgendomi solo allora della ferita all’avambraccio. Era riuscita a mordermi.

Mentre ti scrivo questa lettera, tasto con la lingua i canini e li trovo ancora normali. Appena avvertirò la trasformazione, non esiterò a fare ciò che mi verrà chiesto. Lo stiletto assaggerà ancora il mio sangue di iniziato, come capitò durante la cerimonia di consacrazione. Come accadde a tutti gli altri prima di me.
Ricevi questa lama d’argento, custodiscila e portala sempre appresso. Reca incise delle rune che imprigionano lo spirito di un demone: sarà lui stesso a istruirti sui tuoi doveri. Ascoltalo. Assecondalo. Diventa lo strumento.

Gianluca Ingaramo