Redenzione

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2015 - edizione 14

I miei occhi si aprono e il buio soffoca la vista come le anguste pareti di una tetra prigione. Sono avvolto interamente dalle coperte ed è come sentirsi sotto terra. I miei capelli sono incollati sul mio volto dal sudore che mi brucia la pelle come un acido corrosivo. La scaletta del letto a castello cigola: dev’essere un alieno o il piccolo Cobain che si arrampica verso il cielo. In casa tutti dormono. Sposto affaticato le coperte dal viso che m’impediscono di respirare. Tutto tace. Due occhi rossi si sporgono dalla porta della stanza, ridotti a due fessure tracimanti di sanguinaria follia. D’un tratto prendono a volteggiare e la luce purpurea che emanano, rivela figure macilente che stanno divorando mia sorella e mio fratello. Schizzi di sangue si riversano sui muri come diaboliche pennellate. Trattengo il respiro e scendo dalla scaletta mentre delle mani ossute tentano di afferrarmi dal basso, dandomi l’impressione di essere un’anima incauta sopra la bocca dell’Inferno. Posso sentire le urla disperate di quegli spiriti. Tento di correre in cucina, ma in un angolo della sala scorgo una cerea figura che piange fiotti di lacrime violacee.

Lo so perché le luci esterne dei lampioni, che filtrano dalle fessure della tapparella, la illuminano in alcuni punti. E’ nuda, magra e flaccida. Improvvisamente arresta il pianto e le sue fauci si spalancano fino alle ginocchia nodose, pronte a divorarmi. Sento i suoi denti sbriciolarmi le ossa e strapparmi le carni, i nervi che schioccano dopo essere stati tesi e spezzati. Stufa di rigirarmi nella sua bocca, mi rigurgita davanti al tavolo della cucina. La luce è accesa. Sopra di esso un cappio ricavato da una corda e questo breve racconto. Le visioni sono figlie della mia depressione. E io le soffocherò, liberandomi dalla desolazione che ogni giorno mi assale.

Luca Zibra