Il bucato

Vincitrice del concorso "Premio Scheletri", 2015 - edizione 7

Ho lasciato il bucato steso. Non ci ho pensato quando sei entrato sbattendo la porta, con gli occhi sbarrati. Io ho capito ma tu l'hai detto lo stesso.
"Sono arrivati al primo terrazzamento. Ce ne dobbiamo andare subito."
Sono corsa in cucina. Ho preso Lily, che mi aspettava seduta al tavolo, e le ho detto: "Aspetta qui due minuti mamma e papà".
Lei ha iniziato a piangere. In silenzio, come le abbiamo insegnato.
"Che è successo?" ti chiedo.
Ti muovi veloce al piano di sopra, mentre io sistemo il borsone di Lily già pronto in salotto.
"Qualcuno ha macellato un animale al terzo. Il sangue è sceso dallo scarico della vasca e li ha portati qui in un attimo. Abbiamo al massimo dieci minuti."
Sento entrare qualcuno dalla porta della cucina e mi precipito.
Mio fratello ha già il fucile in spalla.
"Il pick up è pronto, dobbiamo andare più in alto possibile."
"Sono d'accordo. Siamo quasi pronti" gli rispondi comparendo alle mie spalle.
"E gli altri?" gli chiedo.
"Quelli al primo, andati. Dal secondo in poi, si stanno organizzando."

Penso a Mathias e Emily. Sono gli ultimi arrivati. Tutti i nuovi vanno al primo. Il livello alle pendici della collina è quello più esposto. Non c’è visuale, non ci sono i boschi in cui nascondersi. Noi invece siamo al quinto. I terrazzamenti li abbiamo costruiti. Con Lily appena nata, mia sorella ragazzina. Ripenso a quei tempi, dove stavamo nelle buche coperte di terra per uscire solo con la luce. Di notte è impossibile sfuggirgli. Penso a quelli che abbiamo perso, scovati dalle buche e divorati dai Viandanti. Lily sempre zitta, Angie con lei che le insegnava a non piangere di notte. Penso a mio fratello e a mio marito che si svegliano all’alba per costruire le mura per nasconderci e che corrono quando il sole si abbassa. Penso a me che faccio passare tutte le case nei dintorni per le scorte, che coltivo il primo orto. Che mi illudo che non ci saranno più braccia strappate da nascondere alla vista delle più piccole.

 

Entra anche mia sorella e si fionda a prendere in braccio Lily, che in tutto questo è rimasta ferma immobile.
Le dà un bacio dicendole di stare tranquilla.
Sembrano così piccole, e invece sono già grandi.
Mi ricordo di quel vecchio, nel bosco.
"Non ce la farete mai in un gruppo così numeroso. E con due bambine. Lasciatele qui con me..." ci aveva detto allungando un braccio verso Angie.
La pallottola di mio fratello l'aveva raggiunto in fronte nemmeno un secondo dopo.
Ci eravamo convinti di aver trovato una casa, qui ai terrazzamenti. Tutto controllato, tutto protetto.
Invece realizzo che siamo anche noi come il nostro bucato. Basta un soffio di vento per farci finire in un tritacarne.
I borsoni sono pronti, lo sono sempre stati. Mentre montiamo in macchina sentiamo urla indicibili ai piedi della collina. Non provo nemmeno più a tappare le orecchie a mia figlia.
Mentre partiamo guardo la coperta rosa di Lily ancora stesa e sono grata che non si macchierà di sangue. Almeno non del nostro.

Katiuscia Napolitano