Dragonslayer

Il cielo stava cambiando lentamente colore e il sole nascente tingeva le nuvole all'orizzonte di un rosa intenso, tendente al rosso.
Forse anche il sole sapeva cosa stava per accadere. Forse anche il sole sapeva che quel giorno sarebbe stato versato del sangue.
Nella tenda c'era tensione. Dopo quella notte nulla sarebbe stato come prima, tra loro.
Lei aveva una missione. Lui era lì per supportarla, non per distrarla.
E lei si era distratta, senza dubbio. Come non farsi distrarre da quell'uomo, così forte, così prestante, con quel sorriso ammaliante e quello sguardo intenso?
Avrebbe dovuto resistergli, certo, ma non era semplice.
Chissà perché il re aveva deciso di affiancarle proprio lui per quella missione, chissà perché proprio Lord Elmorn.
Certo, lui aveva più esperienza, molta più esperienza di lei. Lui aveva già combattuto molte volte.
Era conosciuto in tutto il regno come Elmorn Dragonslayer, l'uccisore di draghi.
Lei era solo Lady Fhaaga, la giovane che un giorno si era svegliata ed aveva deciso di uccidere il drago che stava mettendo a ferro e fuoco i villaggi a Nord di Behyrrod.
Fhaaga si voltò e lo guardò a lungo. Lui le dava le spalle mentre faceva qualche esercizio per riscaldare i muscoli, indolenziti a causa del freddo che avevano sofferto quella notte e della proverbiale comodità dei loro giacigli da soldati.
La sua schiena era perfetta. Lui era perfetto. Non era molto alto, ma aveva un fisico notevole. Era in forma, atletico, muscoloso. Sembrava più giovane.
Lei lo conosceva di fama, ma non l'aveva mai visto, se non da lontano durante un torneo, qualche anno prima.
Era poco più che una bambina, all'epoca, e certamente non era interessata a quel giovane uomo che combatteva come un leone, ma ricordava benissimo il suo sguardo.
Ricordava quegli occhi scuri che da lontano l'avevano guardata, quando lui si era sfilato l'elmo per ricevere l'acclamazione del pubblico.

Ricordava che i suoi occhi si erano fermati su di lei e lui aveva sorriso.
Ricordava che il cavaliere aveva raccolto da terra una rosa, che qualcuno dagli spalti gli aveva gettato, e l'aveva lanciata nella sua direzione.
Lei non aveva mosso un muscolo, in quel momento. Non voleva dimostrarsi interessata a lui, non voleva dimostrarsi interessata ad un uomo.
Aveva sentito lo sguardo del re, suo padre, su di lei, ma era rimasta immobile.
La rosa era caduta ai suoi piedi.
Lord Elmorn l'aveva guardata, aveva aspettato qualche secondo ed aveva ripreso il giro d'onore.
Da quel momento, da quello sguardo, Fhaaga non lo aveva più dimenticato.
Erano passati i mesi, gli anni, e Lord Elmorn era diventato l'uccisore di draghi, mentre Lady Fhaaga era solo la principessa che non voleva sposarsi, la giovane lady che si ostinava a comportarsi come un lord.
Era una giovane viziata che voleva ribellarsi al padre e alle convenzioni, secondo molti, ma solo lei sapeva cosa aveva dentro, solo lei sentiva quel fuoco, quella fiamma che le ardeva nelle viscere.
Fhaaga voleva diventare come lui.
Voleva diventare come quel cavaliere dall'armatura lucente che aveva visto per la prima ed ultima volta il giorno del suo quindicesimo compleanno, quel giovane che le aveva lanciato una rosa e sorriso, guardandola negli occhi, anche se da lontano.
In quello sguardo aveva visto qualcosa, qualcosa che non riusciva a spiegare.
Vi aveva visto il coraggio, la forza, la tenacia, la passione.
Vi aveva visto tutto quello che avrebbe voluto avere, tutto quello che voleva essere.
In quello sguardo aveva visto il suo futuro, aveva visto dove quel fuoco che aveva dentro l'avrebbe portata.
Era lo sguardo di chi aveva sconfitto le sue paure, di chi aveva preso in mano la sua vita e ne aveva fatto ciò che voleva.
Elmorn si voltò e le sorrise. “Buongiorno, mia principessa. Dormito bene? Spero che sia stato tutto di Vostro gradimento, stanotte...”.
Fhaaga arrossì, ma non distolse lo sguardo.
“Sono piuttosto soddisfatta, Lord Elmorn, anche se...”.
Lasciò volutamente la frase incompiuta ed uscì. Non avrebbe retto un minuto di più.
La sera precedente, soli, nella tenda, avevano iniziato a parlare.
Parlavano di tutto, come se si conoscessero da sempre. Tra loro c'era attrazione. Il finale era scontato.
Presto si ritrovarono nudi, avvinghiati l'uno all'altra, come l'edera sulle mura di pietra del castello.
Lui doveva essere il suo mentore, il suo maestro in questa avventura.
Doveva esserle di supporto, d'aiuto nella battaglia contro il drago, non doveva diventare il suo amante.
Mentre guardava l'alba e ripensava alla notte appena trascorsa, Fhaaga sentì le braccia di Elmorn cingerle la vita. Non poteva lasciarsi andare. Non di nuovo.
“Mio Lord... Quello che è successo questa notte non potrà mai più accadere. Non dovrà mai più accadere. Dobbiamo concentrarci sul drago.”
“Avete ragione, mia signora. Perdonatemi.”, disse lui allontanandosi, “Ma, sapete, fin dal giorno del Vostro quindicesimo compleanno, fin dal giorno del torneo...”.
“Basta, Lord Elmorn. Non rivanghiamo il passato. Parlatemi del drago. Come posso ucciderlo?”.
Trascorsero le ore successive a discutere di come eliminare la feroce creatura che minacciava la serenità del loro regno, cercando di pianificare nel dettaglio ogni mossa e considerando ogni possibile imprevisto.
Più si avvicinava il momento della battaglia più la tensione aumentava.
Fhaaga era preoccupata e continuava a fare domande ad Elmorn.
Voleva sapere, voleva capire, voleva essere pronta.
Non voleva sbagliare, anche perché sbagliare avrebbe significato perdere tutto.
Aveva paura, tanta paura.
Voleva sconfiggere il drago, voleva diventare come Elmorn.
Voleva superare tutti i suoi timori, voleva essere ricordata come la prima donna ad aver ucciso un drago.
Voleva soprattutto che quel fuoco che aveva dentro smettesse di bruciare.
“Lord Elmorn... Non so se potrò riuscirci. Non so se avrò abbastanza coraggio per farlo. E non so se saprò dove colpire, con quanta forza,... E se il drago non dovesse morire? Cosa farò, mio Lord? Voi sarete lì con me? Sarete lì ad aiutarmi?”
“Io posso supportarvi ed appoggiarvi, mia signora, ma il lavoro sporco dovete farlo voi.
Io posso stare al vostro fianco, accompagnarvi in questa missione, ma la testa al drago la dovrete tagliare voi. E solo voi sapete come farlo.”

 

Lord Elmorn era rimasto fuori e lei si stava avventurando nella caverna, nel nido del drago.
Lui sarebbe stato lì dentro, ad aspettarla, così come Elmorn l'avrebbe attesa fuori.
Un odore acre riempiva l'aria nella grotta e si faticava a respirare.
Faceva caldo e l'armatura, oltre a farle sentire in misura ancora maggiore quell'aumento di temperatura, rendeva impacciati i suoi movimenti. Non sarebbe mai riuscita a sconfiggere la bestia, in quelle condizioni.
Prese una decisione di cui poi forse si sarebbe pentita: pezzo per pezzo si tolse l'armatura, compreso l'elmo. Sulla pelle nuda una leggerissima tunica e delle brache di lino.
Ora camminava a piedi scalzi sulla pietra, senza fare rumore, cercando di capire dove fosse il suo nemico.
Prima ancora di vederlo, lo sentì respirare. Un respiro pesante, lento, tranquillo. Forse stava dormendo.
Aggirò la grande parete di roccia e se lo trovò davanti, nero e maestoso.
Deglutì a fatica. Era enorme. Era spaventoso.
Si avvicinò tremando. Era sola, senza l'armatura. Non aveva difese.
Afferrò la grossa spada con entrambe le mani e si preparò a colpire, a calare il fendente che avrebbe tagliato la testa al drago, che avrebbe sconfitto il demone, che l'avrebbe riportata alla luce, che l'avrebbe riportata da lui.
Non poteva immaginare che fuori dalla caverna non ci fosse più nessuno ad aspettare.

Federica Gaspari