Notte scarlatta

Scavalcò il muro di cinta del cimitero, era goffo come una pantera ubriaca, quando notò che i lumi emanavano una luce fioca, morente.
Stringeva nelle mani una lancia e vagava inquieto tra le tombe, mentre di lontano, indistinte tra le lapidi si muovevano delle figure; subito una smania ossessiva s’impadronì di lui.
Era come se gli spettri di passate vite lo attraversassero simili ad un denso fiume nero, infondendo in lui una paranoica illusione di vita.
Giunse ad un mausoleo, le oscure sculture erano investite dal chiaro di luna, avvolte dalla magica luce lo osservavano con concupiscenza.
Dal basso di una cripta si udivano delle voci e danzante si scorgeva un lucore.
Discese le scale brandendo la lancia, lentamente. Un gruppo di ragazze poco più che adolescenti, dieci circa, notarono la sua presenza, si rivelarono essere orrendamente sorprese dalla sua improvvisa apparizione.
“Siete morte!” Fu questo il cupo motto di morte che egli profferì, poi falciò in due parti una ragazza vestita di nero dal trucco vagamente dark, sanguinante ella cadde tra le grida delle compagne.
Ne trapassò un'altra da parte a parte e corse all’inseguimento delle altre in fuga.
Lanciò una lunga catena d’argento che luccicante saettò nella tenebra avvinghiandosi al collo dell’ultima fuggitiva, con uno strattone Igor tirò la catena; emettendo un grido strozzato la ragazza cadde in terra all’indietro.
La guardò negli occhi per un lungo attimo, il corpo bellissimo della ragazza era pervaso dal male, così la infilzò con la lancia; distesa, con il petto trafitto ella s’abbandonò agli spasmi della morte, dalla sua bocca, denso germogliò un fiore di sangue.
Salite le scale corse verso il gruppo di donne che scappavano tra le tombe al chiaro di luna, lanciò la lancia che si conficcò nella schiena di una delle ragazze in fuga.
Restavano circa sette streghe intrappolate nella fitta trama di vicoli tombali, nel silenzio immoto ove s’innalzava leggiadra e triste la musica della morte.
Quando Igor raggiunse il gruppo si lanciò contro di loro con in pugno una lunga spada templare, ne falciò una con un colpo obliquo aprendo un enorme segno rosso sul ventre della puttana di Satana.
Ad un’altra recise la testa abbrancando tra i corpi terrorizzati, mutilando frattanto le altre, troncando braccia, gambe, squarciando ventri che nel sanguinare vomitavano in convulsa agonia le budella.
Il sangue imbrattava il volto di Igor Vetusta; la furia omicida e le sue tendenze necrofile erano temporaneamente appagate tra quei cadaveri a brandelli.
Restò solo, attorniato dal truculento scenario di violenza; era in piedi, la spada in pugno e il petto ansimante, come un angelo sterminatore cinto dalla corona di spine della sua infinita solitudine.
Infilzò la spada nella terra del cimitero e guardò verso la luna, un dolce vento gli carezzava il volto, poi alla sua sinistra notò un movimento leggero, vide una figura femminea aggirarsi fra le tombe, da lontano ne scorgeva la lunga veste bianca allontanarsi.
Un improvviso senso di debolezza lo investì; era un’altra cupa visione.
Cadde tra le ragazze mutilate e vide austeri cardinali custodire un segreto di devozione, cuori femminili in santificate urne d’argento. Vide l’uomo dall’armatura nera, l’antenato raffigurato nell’affresco di famiglia, bere il sangue delle streghe uccise. Ancora vide il monaco fustigarsi e allenarsi con la spada.
Tutte queste immagini si scagliavano dolorose contro i suoi occhi semicoscienti fino a che non riprese conoscenza due ore dopo, sguaiatamente steso tra i morti scempiati, rintronato come dopo una delirante notte di bagordi, e naturalmente la donna era svanita nella tenebra...

Brano tratto dal romanzo “Di Notte”, dello stesso autore.

Davide Giannicolo