Nel labirinto delle golene

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2013 - edizione 5

Dopo la fine di ogni anno scolastico un gruppo di amici era solito trascorrere le giornate a esplorare il territorio fuori dal centro della loro città. Era tipico, dopo un anno passato dietro ai banchi, in una scuola di una città emiliana sulla riva del Po veniva spontaneo stare all'aperto dopo un inverno immerso nel gelo e nella nebbia. Così con le loro biciclette scarcassate Vasco, Umberto e Matteo, tre amici che frequentavano la stessa scuola media, partivano nel primo pomeriggio per le loro escursioni. A loro tre si aggregavano spesso due amiche, coetanee, Erica, nata e cresciuta nello stesso paese e Clelia, nata a Roma e trasferitasi in Emila appena nata. Quel giorno decisero di andare in direzione del fiume Po, a perlustrare le golene che affiancano il corso del fiume, apparentemente tranquille, ma che riservano, oltre a grovigli di rovi, acquitrini, e macchie intricate di alberi, luoghi selvaggi e insoliti. Erano pieni di entusiasmo per quello che poteva riservare quella ennesima perlustrazione. Dopo un notevole tragitto posteggiarono le biciclette vicino all'argine, presero il primo sentiero battuto e iniziarono ad addentrarsi nella vegetazione. Erano talmente intenti a evitare le ortiche e i rovi, che non si accorsero di aver abbandonato il sentiero già da tempo, così da ritrovarsi immersi in una macchia fitta di alberi dall'aspetto cupo e pesante.

Intanto che camminarono quasi non si accorsero della catena immersa nelle sterpaglie che correva all'altezza delle loro caviglie, la oltrepassarono, e quando si accorsero che nessuno di loro parlava più, notarono che nemmeno un rumore si udiva in quel momento fra la vegetazione. Erica ebbe un brivido, ma non disse niente, la sensazione di freddo attorno al collo pensò fosse dovuta all'umidità. Il sole volgeva al tramonto e il risultato non fu altro che un aumento di inquietudine. Umberto inciampò in una pietra che sporgeva dal terreno, ma non si fermò a guardarla. Mentre le ombre si allungarono si alzò una bruma invadente così il gruppo di amici decise di tornare verso le biciclette, ma non riuscirono a trovare la direzione giusta da seguire, nessuno si era portato una bussola, per una golena sembrava inutile. Mentre avanzavano a caso notarono altre pietre, di varie dimensioni, ma tutte squadrate. In quel momento anche Clelia e Matteo ebbero un brivido, non capirono se quello che avevano visto davanti a loro fosse stata realmente una persona o l'effetto degli ultimi istanti di luce che filtravano dagli alberi nella bruma. Tutti si bloccarono inorriditi, non potevano crederci, una moltitudine di sguardi impalpabili erano lì a osservarli in un tetro silenzio nel crepuscolo della giornata. Fra i pesanti battiti del cuore il primo a urlare fu Vasco che distolse gli altri dall'incanto di quell'orrore e, senza rendersene conto, corsero istantaneamente verso un'unica direzione ignota fra i rovi e le sterpaglie. Il terreno franò e caddero in una radura. La nebbia era sparita e le eteree figure pure.

Daniele Vincenzi