Risate di morte

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2012 - edizione 11

Quell’orrido abominio mi sta seguendo, sento i suoi passi strascicati alle mie spalle, sento l’odore nauseabondo della lattiginosa sostanza marcescente che ricopre le sue pallide membra glabre, sento il suo rantolo, il suo respiro, sempre più vicino. Ho il fiato sempre più corto, mi cedono le gambe, un dolore lancinante mi squarcia il petto, non resisterò ancora per molto, devo riuscire ad arrivare al molo, non so perché ma sono convinto che l’acqua sia l’unica cosa che possa salvarmi. Non posso mollare, so che mi succederà se quell’orrida deformità mi raggiunge, lo so, posso ancora rivedere la scena nei miei occhi da sveglio, ricordo cos’ha fatto a mio fratello. Ricordo ancora lo scrocchio delle sue ossa che si frantumavano fra le disgustose mani della bestia, il viscido rumore delle sue carni dilaniate da quei terribili denti neri, il gocciolare lento del suo sangue sull’orrido mento della creatura. E mi costringeva a guardare! Mi costringeva a guardare mentre mangiava vivo mio fratello!

Quasi riuscivo a sentire il sapore metallico del suo sangue! Non so come ma dopo è sparito e sono riuscito a scappare, non riesco ad immaginare quale orrida bocca dell’inferno può aver partorito una così oscena mostruosità, come può un uomo misurarsi con un essere del genere, basta guardare i suoi occhi, i suoi immensi occhi neri, io li ho fissati riflessi nel sangue di mio fratello mentre la bestia lo divorava, è stato come affacciarsi sull’orlo dell’abisso. Lo sento, è vicino, mi ha quasi raggiunto. Ecco il molo!
Quando mi affacciai sulle acque nerastre dello squallido specchio d’acqua vidi il riflesso della creatura che mi fissava, e allora capii. Un urlo folle si alzò dagli alberi e tutta la terra di colpo tacque. Solo la morte rideva.

Alessandro Andreani