Stazione di polizia

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2012 - edizione 11

Qualcosa lo stava seguendo.
Una presenza sfuggente quanto le stesse ombre della notte ma reale come l'asfalto sotto ai suoi piedi.
Accelerò il passo, in preda ad una sensazione spiacevole. Aveva bevuto... ma era ancora abbastanza sobrio da capire che non stava immaginando tutto.
Un ringhio strozzato, alle sue spalle, lo fece trasalire. Velocissima, una sagoma contorta attraversò la strada e, per un attimo, la spaventosa natura, nonché le intenzioni della misteriosa presenza gli furono chiare.
Terrorizzato, cominciò a correre lungo la via deserta, poi, davanti ai suoi occhi, si materializzò un edificio su cui campeggiava la scritta “STAZIONE DI POLIZIA”.
“Aprite per Dio! Aprite!”, urlò. “Qui fuori c’è un mostro! Aiutatemi!”.
Un poliziotto comparve sull’uscio, fissandolo con aria scocciata.
“Ancora con questa storia! Se ne vada! Non c’è nessuno... ha solo bevuto troppo!”.
“Fatemi entrare, vi prego!”, singhiozzò lui, disperato.
Ma la porta si era già chiusa.

“Chi era?”
“Niente capitano... un altro ubriacone”.
Il capitano imprecò. “E’ già il terzo stanotte... pure lui fuori di testa?”
“Già, tutti con la fissa di essere inseguiti da un mostro... un mese fa è successa la stessa cosa capitano... ricorda?”
“Ci sarà in giro qualche idiota che si diverte a spaventare la gente... a proposito di idioti... dove si è cacciato l’agente Stevens?”
“E’ rimasto un’ora a fissare il calendario... pareva molto agitato. Ha farfugliato qualcosa riguardo al fatto che erano trascorsi già 29 giorni... poi è sparito”, disse il poliziotto.
Il capitano imprecò di nuovo. “Figlio di puttana... d'altronde, non succede mai nulla in questa dannata Stazione di Polizia”.
Fuori, una sagoma pelosa si mosse veloce, le fauci sporche di sangue.
All’altezza del cuore, attaccato al petto, un piccolo oggetto luccicante: un distintivo.
Un ululato squarciò il silenzio della notte.
Sopra la Stazione di Polizia brillava una bellissima luna piena.

Francesco Moggia