Vittima volontaria

Monica finalmente era salita su quel treno, ora sentiva tutta la vita passarle nel cervello come un brutto film. La voce di sua madre, i vagiti di suo fratello neonato, lo schiocco delle labbra nel suo primo bacio. Cento chilometri alla stazione di Civitavecchia, cento chilometri per fare l'amore o come diceva Speedy, il suo uomo di chat, farsi una bella scopata, quella che lui con i suoi ventiquattro centimetri di cazzo, prometteva.
Che poi? ventiquattro centimetri non saranno troppi?
Si domandava Monica sul treno.
Il viaggio di maturità, quello del passaggio, della crescita era quello. Roma - Civitavecchia, una stanza d'Hotel e una scopata con uno sconosciuto. O meglio un semi-conosciuto, totalmente sconosciuto Speedy non era, nove mesi passati a parlare in rete erano come tre mesi a parlare su una panchina ma senza freni inibitori. In fondo è difficile mostrare le tette a un ragazzo incontrato su una panchina, mostrargli le tette in mezzo ai giardinetti davanti alle altalene, sola in camera davanti alla videocamera del computer mostrare le tette a Monica è sembrato è facilissimo. Su internet è tutto un gioco, tutta una fantasia.
Alla Stazione di San Pietro una di quelle voci che parlano in testa e che alcuni chiamano coscienza disse di scendere, di tornare indietro. Monica non diede retta, la interpretò come quella voce, detta la voce della strizza, che ogni volta che sei al gate dell'aeroporto ti dice insistentemente che l'aereo che stai per prendere cadrà. Quindi Monica decise di ignorarla.
Il giornale titolava di ragazze scomparse, forse rapite da uomini virtuali, gente di chat.
Questo infoiava la voce della paura, morire a pezzi per un'avventura, inaccettabile come morire in vacanza. E se Speedy non fosse stato alto un metro e novanta, non avesse avuto gli occhi verdi e i capelli lunghi e castani ma un uomo piccolo e senza capelli e molti anni in più di trenta? In fondo lui in faccia non s'era mai fatto vedere.
O se fosse un maniaco, uno di quelli che legano al letto e fanno cose dolorose?
Nessuno sapeva di quel viaggio, nessuno avrebbe saputo dove cercare se Monica non fosse ritornata a casa. Questa paura dava tono al viaggio come quando stai per saltare dal trampolino di 15 metri e la paura ti avvolge come un velo. Forse una pasticca di anfetamina avrebbe risolto tutto ma quel giorno Monica non aveva preso nulla, andava naturale come poche volte negli ultimi mesi.
Andava sobria incontro al suo destino.
Seppure aveva raccontato a tutto il mondo che aveva fatto sesso occasionalmente con vari uomini Monica era vergine. La verginità non è più un valore, una virtù da conservare, illibata fino al giorno delle nozze, non era per questo che era arrivata vergine a diciotto anni. Non le si era mai presentata davvero l'occasione. Forse solo una mezza volta, al compleanno dei sedici anni ma entrambi avevano bevuto troppo e si erano addormentati intonsi sul letto allestito con i petali di rosa.
Il tremo viaggiava, un freccia rossa a tutta velocità lanciato contro il primo amore e non c'è metafora migliore. Non lo aveva detto neppure a Speedy, lui era tranquillo e aspettava l'arrivo di Monica come si aspetta quello di una pornostar. Forse Speedy si aspettava un pomeriggio di sesso estremo con una ragazza giovane e disinibita o forse si aspettava qualcosa in più. Per due mesi Monica aveva chattato con lui in una community chiamata "sexy" e nessuno se è alla ricerca di una romantica prima volta prende appuntamenti da lì. Ma Monica non era alla ricerca di una romantica deflorazione ai petali di rosa, se lo sarebbe fatto bucare da un medico in ospedale l'imene se fosse stato possibile. Ma non era consentito dalla legge. Mentre Monica pensava tutte queste cose sul treno, Speedy si stava preparando a quello che lui stesso definiva "l'assalto."
Alle tre del pomeriggio si presentò all'appuntamento, quando la vide consentì ad un brivido di adrenalina di attraversargli le membra. Monica non rimase delusa, lui era simile alla descrizione fornita via messaggio istantaneo. Depose ogni timore e salì sulla sua macchina. Speedy, che continuò a usare il suo pseudonimo, si presentò come un tipo molto taciturno. Lasciò scivolare nel silenzio tutti tentativi di avviare una normale conversazione della ragazza. In un primo momento Monica non si insospettì, pensò che lui fosse timido, poi guardando dal finestrino e vedendo che il paesaggio stava diventando boschivo e la strada sterrata cominciò ad aver paura. Una paura che non aveva mai provato, che la immobilizzava. Cominciò a chiedere con insistenza dove la stesse portando, che intenzioni avesse, che voleva scendere subito dall'auto ma nessuna delle richieste venne nemmeno lontanamente presa in considerazione, anzi più Monica alzava il tono per farsi ascoltare più Speedy premeva il piede sull'acceleratore. Arrivarono in un campo, sterminato a perdita d'occhio, vicino all'unico albero presente Speedy tirò in corsa il freno a mano. L'auto sgommò e perse aderenza su un fianco, arrivò quasi a ribaltarsi, poi bruscamente si fermò. Speedy prese qualcosa da sotto al sedile, qualcosa che Monica non riuscì a distinguere, scese di corsa. La ragazza cominciò a urlare, l'uomo fece il giro della macchina e aprì la portiera del passeggero tirando fuori Monica per i capelli.
"Sai come mi eccito?" chiese Speedy con le prime parole che le rivolse. Ma Monica ormai non riusciva più a parlare, riusciva solo a tremare. Così lui continuò.
"Vengo solo dopo aver ucciso" e tirò fuori dalla cinta dei pantaloni una pistola.
Sparò. E venne.

Chiara Borghi