L'omuncolo nello specchio

La casa della nonna sarebbe rimasta vuota. Erano trascorse ormai tre settimane dalla sua morte e Miriam si sentiva ancora molto triste. Aveva difficoltà ad accettare la nuova situazione, non ci sarebbero state più quelle lunghe chiacchierate che la facevano stare tanto bene e non avrebbe più assaporato le squisite torte che lei le faceva trovare ogni venerdì sulla tavola della cucina. Miriam era consapevole che non l'avrebbe mai più riabbracciata e seduta sul suo letto affrontava a undici anni la sua prima esperienza con una perdita importante. La cosa non le piaceva affatto.
Bussarono alla porta della sua cameretta. La mamma fece capolino.
- Posso entrare? - Domandò.
La bambina non rispose. La mamma s'avvicinò a lei e accarezzandola sulla testa si accovacciò per poterla guardare meglio in viso.
- Ascolta amore, io e papà abbiamo deciso di vendere la casa della nonna -
Miriam strabuzzò gli occhi quasi scandalizzata.
- Non possiamo prendercene cura e dentro ci sono un sacco di cose che non potremo mai tenere e che dovremo dar via. Prima di farlo però vorremmo che tu scegliessi un oggetto della nonna che potrai tenere sempre con te -
- Lo specchio! - S'affrettò a rispondere Miriam.

La mamma sorrise e un po' perplessa le chiese:
- Lo specchio? Quale? Quello sul secretaire che si trova nell'androne? -
- No. Quello in cantina - quasi la interruppe.
La madre non capì bene a cosa si riferisse sua figlia ma quando Miriam glielo descrisse lo ricordò subito.
- Ma è orrendo! -
L'esclamazione sdegnata della donna rabbuiò la piccola all'istante.
La vista di quel visetto corrucciato ordinò alla madre di arrendersi. Non voleva ferire la sua bambina. Aveva sofferto molto la perdita della nonna e, a undici anni, era già troppo.
- Va bene - concesse - vedrò di recuperartelo -
Due giorni dopo il papà arrivò da lei con lo specchio.
- Era pieno di polvere. Te l'ho ripulito -
Detto ciò lo poggiò sul comò, baciò la figlia e uscì dalla stanza.
Miriam tolse il telo che lo ricopriva.
Alto poco più di un metro e mezzo e largo novanta centimetri lo specchio era incastonato all'interno di una cornice di legno dorata su cui erano stati scolpiti a rilievo una miriade di animali dall'aspetto furente e dall'atteggiamento ostile. Il pezzo forte era dato dalla sommità che raffigurava le lotte di un possente toro nell'atto di incornare un cavallo imbizzarrito e di un magnifico leone contro le fauci spalancate di un alligatore.
Lo specchio faceva il suo lavoro: rifletteva ogni cosa. Rifletteva il letto, le bambole sparse per la camera, la finestra, le tende, Miriam quando ci passava davanti o si fermava a rimirarlo, una falena, un comodino. Riusciva a riflettere in parte anche il lampadario. Miriam non aveva mai avuto uno specchio così grande in camera sua.
La prima notte non ebbe problemi ma dalla seconda cominciò a provare un po' d'inquietudine.
Trascorse una settimana e si convinse sempre più di una cosa assurda: l'immagine del portapenne grigio sulla scrivania si muoveva! Che sia chiaro, a muoversi era l'immagine allo specchio. L'oggetto vero era fermo e immobile così come le leggi della fisica avevano deciso.
Non riusciva a credere ai propri occhi quando, una di quelle notti, l'immagine del portapenne si alzò in piedi, rivelò due braccia e una testa e si voltò verso di lei.
Miriam urlò.
I genitori spalancarono la porta, accesero la luce e chiesero alla figlia cosa fosse successo.
Miriam indicò lo specchio.
- Tanto non mi vedranno e, tra l'altro, non riusciranno nemmeno a sentire la mia voce - le confessò il mostriciattolo riflesso facendole segno di stare zitta.
- Lo sapevo. Questo specchiaccio schifoso ti fa fare gli incubi. Domani lo toglieremo - disse la madre quasi adirata.
Miriam non voleva questo.
- No mamma. Scusa. Ho fatto solo un brutto sogno -
La madre la guardò dubbiosa, le rimboccò le coperte, la baciò e si rivolse al marito - Non mi piace. Pensiamo ad una soluzione per domani -
- Buonanotte piccola - le augurò il padre e tutti e due uscirono dalla cameretta.
L'omuncolo nello specchio sghignazzò per tutto il tempo.
Miriam aveva paura, si tirò le coperte fin sopra il naso ma non riuscì a non guardare quella cosa.
- Non devi spaventarti piccolina - la sua voce era vagamente stridula, melliflua ma molto suadente.
- Non ho intenzione di farti del male. Anche se non mi hai mai visto sappi che io sono stato sempre vicino a te. Ti ho sempre aiutata - mentì il mostro.
Aveva lo stesso colore del portapenne: grigio perla. Niente palpebre, niente naso. La testa presentava due grandi occhi a mandorla e un taglio sorridente che gli fungeva da bocca. Era asessuato. Tre dita per ogni mano e due per ogni piede completavano arti molto lunghi e sottili.
- Ricordi Clara? - Chiese l'omino.
Certo che la ricordava. Clara era una sua compagna di scuola che in classe si sedeva sempre dietro a lei. Odiava Clara, ogni giorno le tirava la treccia, le faceva male e le dava molto fastidio. Tante volte le chiese di smettere ma Clara non lo fece mai finché un giorno arrivò la notizia della sua morte.
Mentre attraversava le strisce pedonali un camion la travolse tranciandola in due.
Tutti ne piansero la scomparsa ma Miriam no. Lei era contenta di quello che era successo anche se non riuscì mai a confessarlo a nessuno.
Nel mondo dello specchio il mostriciattolo lasciò la scrivania, saltò a terra e si diresse verso il letto di Miriam. Mise una mano sotto e tirò fuori la metà superiore di Clara. La teneva dai capelli e sembrava che, dalla parte tagliata, stesse ancora gocciolando sangue.
- Visto? Chi pensi che abbia fatto questo per te? Io! - Continuò il grigiastro.
Una volta riposto il cadavere saltò sul riflesso del comò.
Miriam assistette senza proferire verbo, inorridita e troppo impaurita per muovere un muscolo.
- Chi ha fatto in modo che tu potessi tenere quel gattino randagio? Chi ha reso possibile il tuo sogno di andare a Disneyland? Chi ti ha fatto vincere quel concorso di poesia? Chi riesce a farti voler bene da mamma e papà? Conosci bene la risposta. Io! Sempre e solo io ho esaudito tutti i tuoi desideri -
Miriam trovò il coraggio di fermare il monologo di quell'essere - Però la nonna è morta -
- E' vero ma quella brutta cosa è successa perché sono stato rinchiuso in questo specchio. Da quando sono stato imprigionato ho perso tutti i miei poteri e non ho potuto più aiutarti. Devi liberarmi Miriam. Devi darmi una mano a tornare nel mondo reale così continuerò a vegliare su di te -
L'omuncolo grigio era un demonio, bugiardo e ipocrita. Il suo vero potere era quello di leggere l'animo delle persone, ne conosceva gli anfratti più oscuri, i desideri più reconditi, la parte più malvagia. Si serviva di ciò per farne l'uso più abietto e arrivare così al suo scopo.
- Dai, dammi una mano - sorrise ancora.
Miriam parve quasi convinta.
- Come faccio a liberarti? -
Aveva vinto! Finalmente, dopo settantuno anni di supplizio, sarebbe tornato. Doveva tuttavia stare attento e giocare bene le sue carte.
- A casa di tua nonna, in cantina, c'è una libreria. In basso a destra ci sono tre libricini con le copertine colorate: una verde, una gialla e un'altra viola. Tu devi prendere quello viola. Ok? -
Il mostro sorrise sicuro di essere riuscito nel suo intento.
- Adesso devo andare ma ricorda il libro viola. Ti aspetto domani sera - la salutò con le tre dita della mano destra e si raccolse nuovamente su di sé tornando a essere l'immagine riflessa del portapenne.
L'indomani mattina Miriam andò a scuola. Al ritorno passò davanti casa della nonna e lì si fermò. Lesse il cartello "VENDESI", mise una mano in tasca e prese le chiavi del portone. Le guardò attentamente indecisa sul da farsi. L'ultima visita risaliva a più di un mese prima ma prese coraggio ed entrò. Non volle perder tempo immergendosi nei ricordi perciò scese le scale e si diresse subito in cantina. La libreria era grande, occupava un'intera parete. Non dovette cercare molto perchè i tre libri piccoli e colorati spiccavano su tutti gli altri. Prese quello viola così come l'aveva istruita l'omuncolo. Si guardò un po' intorno, fece un piccolo sospiro, risalì le scale, uscì dalla casa della nonna e s'incamminò verso la sua.
A cena ebbe non poco da fare per convincere i genitori a tenere lo specchio ma in qualche modo ci riuscì, almeno per quella sera.
Miriam stava per addormentarsi quando un "Ciao" squillante la destò di soprassalto.
- Ciao Miriam. Allora? Come è andata? L'hai trovato? - Il mostro era eccitato.
- Sì, eccolo - fece eco Miriam mostrando il libro.
- Bene, bene, bene! Tornerò a essere il tuo genio della lampada e appena uscirò di qui esaudirò qualsiasi tuo desiderio. Tieniti pronta -
Non poteva rischiare che la bambina ci ripensasse.
- Che devo fare? - disse Miriam ingenuamente.
- Facile facile. Vai a pagina 133 e leggi a bassa voce quello che c'è scritto -
Miriam aprì il libro e cominciò a sussurrare.
Parole arcane furono proferite dalla bambina, ci impiegò due minuti a leggere l'intera paginetta poi chiuse il libro e si sedette sul letto di fronte allo specchio per godersi lo spettacolo.
L'omuncolo grigio perse il ghigno. Un bollino nero comparve in alto nello specchio.
Accompagnato da un leggero crepitio il bollino nero andava pian piano allargandosi come una macchia d'olio su un foglio di carta assorbente occupando sempre più superficie e cancellando ogni immagine riflessa.
Il mostriciattolo si accorse troppo tardi di quello che stava succedendo. Maledisse Miriam elencandole una serie di improperi irripetibili e continuando ad inveire contro di lei anche quando la massa oscura lo ricoprì del tutto.
Lo specchio adesso appariva tutto nero.
Nella sua famiglia vi era sempre stato il salto generazionale. Miriam era l'unica che aveva facoltà di acquisire l'eredità della nonna. Prima di morire, la vecchietta le aveva parlato di una prova da superare: doveva distruggere un demonietto che molti anni prima, lei stessa aveva rinchiuso in uno specchio. Miriam era finalmente diventata una temibile strega come la sua adorata nonnina.

Domenico Maiolo