Sospeso

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2012 - edizione 4

Secondo le nuove norme igieniche, l’utente dovrebbe poter entrare in bagno, pisciare, lavarsi le mani, asciugarsele e uscire senza dover toccare niente che precedentemente sia stato toccato da qualcun altro. Manopola con corona blu per l’acqua fredda. Come sono arrivato qui?
Tuffo la faccia nel letto d’acqua raccolto tra le mani e riemergo gradualmente in superficie.
Se provo a ripercorrere le ultime ore non riesco a recuperare niente. Niente fino al pranzo, al Caffè 21. Ricordo i sapori, non l’atto in sé di ordinare e consumare.
Tiro dal dispenser tre fazzoletti di carta scadente per arrestare le gocce che precipitano lungo il collo.
Un corridoio coi pavimenti traslucidi. Ne ho visti uguali in un ospedale, o forse era una scuola. La stanzetta è a due passi, piuttosto buia, lo vedo dall’inserto di vetro satinato sulla porta. Stringendo il pomello, un guizzo elettrico si irradia nella mano e dopo qualche piccola resistenza la porta cede alla pressione del mio braccio.
Due settimane fa il mio cliente, Corrado Santini, è stato trovato sotto il patio di legno chiaro della sua villa a conversare amabilmente con il cadavere della moglie, morta ormai da più di quattro giorni. Secondo il medico legale, la donna sarebbe deceduta per cause naturali, a poco più di trentanove anni. Santini, invece, sostiene di averla aiutata a suicidarsi, per realizzare il disegno vaneggiante di un uomo di cui non si ha nessuna traccia.
“Quanti fili elettrici ci avvolgono? Sono ovunque, vivi, nascosti. Una selva invisibile”.
Dice cose senza un senso apparente. Ha una voce anomala, ovattata e scattosa. Anche i suoi movimenti non hanno nulla di ordinario, è come se si sviluppassero in uno spazio inappropriato, con l’effetto visivo di un ralenti. Mi sorride spesso, poche e profondissime rughe gli spaccano la fronte e il mento. Sono venuto in macchina? Che macchina ho?
“Signor Santini, potrebbe parlarmi dell’uomo che veniva a trovare lei e sua moglie prima che questa morisse?”. Torna a sorridere. “Saprebbe descriverlo?”.

“E’ sempre molto elegante, oggi è vestito con un gessato scuro”.
“Un’aria vagamente familiare. Dov’è in questo momento?”.
“Davanti a me, fa un sacco di domande inutili”.
Le sue parole si staccano dalla realtà che conosco e prendono volume, lasciandosi dietro un mondo insensato e sbiadito, pieno di buchi. Non ride più. Ha una serietà ermetica, adesso. La luce, respinta quasi del tutto dalle veneziane, vince la resistenza in tre fasci biondi che gli si stagliano attorno e, quando lo incontrano, lo cancellano.
La sensazione più straniante è che io stesso non ho più percezione di me come essere umano.
“Sono io quell’uomo, signor Santini? Sono io ad aver causato la morte di sua moglie?”.
“Sei quello che ci ha offerto un’opportunità tra questo mondo e l’altro, ma non hai gli stessi occhi adesso. E’ inutile dire, o ricordare. Sei qui per il sigillo. Il tuo posto non è ancora il mio, ma ci rivedremo avanti”.
E’ notte, ma non c’è buio. Ora vedo e non ho più occhi.

Andrea Stingo