Frammenti di rabbia

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2012 - edizione 4

Mentre il commissario Bruni scruta l’uomo seduto di fronte a lui, il penetrante odore di polvere accende nel suo cervello il ricordo della madre quando, alla fine, viveva solitaria e non scendeva quasi mai dal letto. Pallido, settant’anni, un ciuffo di capelli sulla nuca. Vestaglia nera, unghie esageratamente lunghe e pupille che ruotano come periscopi alla ricerca di navi nemiche. Il quarto socio, unico residente nella villa in rovina. È il solo indiziato di aver ridotto i tre soci della più importante fabbrica della città in altrettanti fantocci sanguinolenti. Tre corpi in putrefazione ritrovati nei sotterranei della villa.
- Ha fatto da solo o qualcuno l’ha aiutata? – Diretto al punto, anche nell’ultima indagine prima della pensione.
I periscopi lo puntano. - La domanda giusta è se lei pensa che sia tutto finito? - Risponde con voce bassa ma ferma.
- Me lo dica lei: è finito?
- No! Continuerà per sempre! All’infinito. Io l’ho creato, l’ho scatenato!
- Di che parla?
- Lei appartiene a quell’insieme di persone che conservano tutto? - Continua l’anziano.
- Che sta dicendo? Che cavolo c’entra se sono un collezionista?
- Non in quel senso. Lei ama tenere le cose vecchie? I libri di scuola, scatole vuote, i costumi di carnevale dei figli?
Sbuffando - Ho una cantina abbastanza zeppa, ma...

Lo interrompe. - Io ho conservato ogni singola cosa: infinite collezioni mai completate per indolenza, vestiti che ero troppo timido per indossare, attrezzi per rimanere in forma mai usati, migliaia di fotografie delle donne che non ho avuto il coraggio di sposare. Più stipavo roba in cantina e più l’aria diventava densa, piena di elettricità. Il motivo? - Sul suo viso prende forma una smorfia allucinata.
- A ogni oggetto rimane attaccata una parte di noi, della nostra energia. In realtà accumulavo rimpianti, delusioni, rimorsi, fallimenti. La cantina è il deposito di frammenti della mia rabbia. E si sono ammucchiati, infine fusi in un’unica entità. Un giorno, dopo aver aperto la porta, un’ondata d’odio mi ha colpito, togliendomi il fiato. Sono svenuto, ho fatto orribili sogni. Quando ho riaperto gli occhi ho visto i muri trasudare una poltiglia scura, schifosa. Sono fuggito, terrorizzato ma esaltato all’idea di aver creato un’entità orribile ma grande! Per la prima volta nella mia vita avevo portato a termine qualcosa. Con la scusa della collezione di vini ho invitato là sotto quei truffatori dei miei vecchi soci. Vederli maciullare è stato un piacere del tutto mio! - Deglutisce.
- Le consiglio vivamente di richiamare gli agenti scesi in cantina.
Prima che il commissario abbozzi un solo pensiero dallo scantinato proviene un urlo agghiacciante, un suono disperato che si annoda a ogni fibra del suo cervello lasciando un rumore di fondo che non lo abbandonerà fino alla fine dei suoi giorni.

Andrea Cavallini