Lacrime di sangue

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2012 - edizione 4

Tutto è cominciato con una febbre, la testa mi pulsava insistentemente, i rintocchi pesanti dell’orologio mi penetravano nel cervello. Avevo freddo e caldo nel medesimo momento. Ad un certo punto gli occhi cominciarono a bruciarmi, la luce aveva assunto un colore diverso, mi avvicinai allo specchio del bagno. Le mie pupille erano incredibilmente dilatate, facevano impressione, a stento si poteva scorgere una sottile linea di quelle che una volta erano state le mie iridi color verde. Provai a puntargli contro una luce, niente, nessuna contrazione della pupilla. Mi bruciavano da impazzire. Sentii le guance umide, gli occhi mi stavano lacrimando, mi ripulii col dorso della mano e notai che era sangue quello che mi scorreva sul viso. Un dolore lancinante mi scosse le membra, fui preso da forti convulsioni mentre tutto intorno a me si incendiava d’una luce oscena, gli occhi bruciavano come se gli avessero dato fuoco, un dolore tremendo che penetrava nella mia testa e scorreva per tutto il corpo. I bulbi oculari continuavano a sanguinare copiosamente. Ero fermamente convinto che la testa mi sarebbe esplosa, e che gli occhi si sarebbero spaccati in due. Caddi pesantemente sulle ginocchia e mi conficcai le unghie nel viso, poi... ricordo solo il buio. Mi risvegliai steso sul pavimento imbrattato dalle mie lacrime di sangue, mi alzai aggrappandomi al lavandino e fissai quello che una volta doveva essere stato il mio riflesso, i miei occhi erano completamente neri. Quegli occhi erano vuoti, folli, ci si poteva scorgere solo morte. Distolsi lo sguardo, ancora non riuscivo a realizzare bene quello che era accaduto, un pallido raggio di luce viola, di un cielo malato ormai al tramonto filtrava dagli scuri del bagno.

Avevo solo voglia di uccidere.
Mi precipitai fuori di casa al calar del sole, la fame era diventata insostenibile e niente di ciò che avevo in casa poteva placare il mio appetito. Sapevo, in cuor mio, di cosa avevo bisogno, ma la mia parte umana era ancora troppo forte per poterlo accettare. Mi ritrovai a pedinare una giovane ragazza, probabilmente tornava a casa dagli allenamenti di pallavolo, sentivo il suo odore entrarmi nelle narici e scuotermi le membra. La assalii, le chiesi scusa mentre i suoi occhi pieni di paura si perdevano nell’immenso vuoto dei miei. Feci scempio del suo corpo mentre mi nutrivo avidamente: uno spettacolo raccapricciante. Quand’ebbi finito i resti di quello che era stata la ragazza erano sparsi praticamente ovunque in quel piccolo vicolo, non era possibile capire che si trattasse di un essere umano tant’era lo scempio. Una risa folle uscì dalla mia ugola mentre mi passavo le mani sporche sul viso. Il sangue è così bello illuminato dalla luna.
Dovevo, anzi volevo, assolutamente rifarlo.

Alessandro Andreani