Dolce risveglio

Dagli occhi socchiusi e un po’ appannati intravedo sfocato il lampadario.
- Che ore saranno?
Non mi sento affatto bene, oramai eccedere di qualche bicchiere la sera è una condanna sicura a una giornata di postumi.
- Non ho più vent’ anni - mi rimprovero.
Sento la testa gonfia, la bocca riarsa, lo stomaco in soqquadro.
Ho un disperato bisogno di bere acqua fresca e sento la vescica che mi sta esplodendo, ma la stanchezza è troppa.
Riordino le idee, studio il tragitto.
- Vado in bagno, mentre torno passo in cucina, prendo un bottiglia dal frigo e mi rificco sotto le coperte.
Banale... ma la coperta è pesantissima, sembra di calcestruzzo, non riesco a muovermi.
Richiudo gli occhi.
Tic-tac, tic-tac, tic-tac, tic-tac, tic-tac...
- Stupida sveglia...
Non mi ricordo di averla mai usata per svegliarmi, la uso poco anche come orologio. La tengo come un soprammobile, voluta fortemente da mia moglie: due identiche, una per comodino.
In compenso mi sono sorpreso innumerevoli volte incantato a guadare quel galletto meccanico che fa su e giù con la testa su del mais disegnato.
- Chissà chi lo ha inventato...
Con tutti i modelli venduti sarà certamente milionario... o forse non ha depositato i copyright e ora si ritrova senza soldi in un cascinale, magari con un galletto vero nella corte che becca il mais e gli ricorda tutti i giorni quanto è stato stupido...
Sorrido della mia idiozia.
Con la mano vado in direzione del fastidioso ticchettio e afferro la sveglia.
Me la porto sotto gli occhi come fosse un orologio da polso.
- Accidenti, è mezzogiorno passato da un pezzo.
Il galletto è sempre lì, sta bene.
Io no.
- Che mal di testa.
Non mi ricordo nulla, o un vuoto di memoria di almeno un paio d’ore.
- Che ho fatto? chi a guidato per tornare a casa? Ho pagato la babysitter?
Dovrei smetterla di comportarmi come un liceale.
Dalla cucina giungono dei rumori, la sedia che si sposta, lo sbattere della porta del frigorifero, il ronzio del microonde, riconosco i tempi e i modi.
- Clarissa è in piedi - ecco, ora mi pare di udire le voci dei cartoni animati alla tv - che brava bambina.
Istintivamente allungo la mano destra verso Cristina.
La trovo raccolta in posizione fetale, le accarezzo dolcemente la schiena.
Dormirà a lungo oggi, non è abituata a far tardi la sera e a poca dimestichezza con l’alcool, la mia mogliettina.
Mi accosto per stringerla in un abbraccio.

Nello spostarmi con il piede urto qualcosa di metallico.
- E questo cos’è?!?! - vado a ritroso in cerca dell’oggetto misterioso.
Eccolo nuovamente sotto al mio piede.
Incuriosito sollevo un poco la coperta e guardo sotto.
- Cazzo!!!
Sento il cuore battere all’impazzata e le vene sulla fronte rigonfiarsi, gli occhi spalancarsi nelle orbite mentre mi assale un senso di vertigine.
Guizzo fuori dal letto con un’agilità felina che credevo dimenticata da anni.
- Cristo!!!
Fra le lenzuola, in una pozza di sangue, c’è una mannaia!!!
Faccio qualche passo indietro, con la schiena sbatto contro la porta.
Tenendo gli occhi fissi sulla mannaia faccio scivolare una mano dietro cercando la maniglia... la porta è chiusa.
- Devo essermi chiuso dentro ieri sera... Cristo!, dov’è ho messo la chiave???
Poi un pensiero orrendo - Cristina!!!
Balzo sul letto e la giro verso di me.
- Ommioddio!!!!
Cristina sta con gli occhi riversi indietro, la bocca aperta nella quale una saliva schiumosa è oramai secca, la gola recisa.
Mi sento mancare.
Istintivamente la scopro, l’orrore non è finito.
Un enorme squarcio le apre la pancia.
Un conato di vomito mi risale dall’intestino e mi esplode dalla bocca.
Non faccio in tempo a girarmi. La massa del rigurgito si mischia con le sue interiora.
- Ahahhahhahahhahhahahhhhhhh!!!!
Comincio a urlare inorridito, preda di una sorta di pazzia.
Le mie grida ossesse vengono solo interrotte dagli spruzzi di vomito che non riesco a trattenere.
-La porta è chiusa, non posso essere stato che io, cosa è successo... non ricordo nulla.
-Ahahhahhahahhahhahahhhhhhh!!!! - urlo a squarciagola - sono un assassino!!!
Non posso lasciarla così, sventrata.
Tento di ricacciarle dentro l’intestino ma mi scivola fra le dita e mi si schiaccia sotto le mani, in poco tempo diventa una poltiglia informe e maleodorante.
Intanto le mie urla stanno richiamando le attenzioni dei condomini e dell’immediato vicinato.
- Ahahhahhahahhahhahahhhhhhh!!!!
Raccolgo la mannaia e la guardo incredulo.
Mi piego su Cristina, la bacio e l’abbraccio con tutta la mia forza per l’ultima volta.
- Come ho potuto amore, come ho potuto???
Tum-tum!
Sento sbattere alla porta.
- Polizia, apra subito!
Mi giro verso la finestra, dal palazzo di fronte i vicini osservano inorriditi la scena.
- Devono essere stati loro a chiamarli.
Tum-tum!
- Stiamo per entrare, non faccia scherzi!!!
Dopo un enorme botto vedo la porta divelta stamparsi al suolo con dietro la figura di un poliziotto che mi guarda attraverso un mirino.
- Appoggia quella mannaia, stronzo!!!
Mi trovo un cannone puntato in faccia, nella stanza c’è mia moglie squartata, io sono inzuppato nel suo sangue e cosparso delle sue interiora, stringo una mannaia in mano e non ho la minima idea di come siano andate le cose, avrei molto da spiegare ma l’unica cosa che inaspettatamente mi esce dalla bocca è:
- Ahahhahhahahhahhahahhhhhhh!!!

 

Silenzio...

 

Dal pavimento è tutto confuso, intravedo un gran via vai.
C’è un pesantissimo odore di polvere da sparo.
Sento i suoni attutiti. I due fori in faccia non bruciano affatto.
- Tra poco sarò morto.
Intravedo Clarissa fare capolino dallo stipite della porta, dovrebbero portarla via, povera stella, non deve vedere questo scempio.
- Ma cosa fa, perché guarda la matrigna con quel ghigno? - penso - come mai ha la maglietta schizzata di sangue? - non capisco - perché ora mi guarda fisso negli occhi mostrandomi la chiave della stanza nella sua mano?

Marco Tarò