Insospettabili golosi dagli abiti grigi

“Ciao. Sono il golosone e ho fame” mi dice, non appena lo incontro alla stazione.
Vuole provocarmi. E ci riesce. Ma non intendo ancora pensarci. Altrimenti sarà difficile tenere a bada il languore. Inoltre, lo ammetto, è proprio come in fotografia. Anzi, visto di persona è più bello, con i capelli biondi e corti, il viso da divo del cinema e il fisico atletico.
“Cosa guardi?” gli domando, quando mi accorgo che mi fissa insistente.
Magari non sono di suo gradimento. Può capitare che qualcuno, una volta che lo incontri e non lo ammiri solo sullo schermo di un computer, ti deluda, specie se sei buongustaio. Forse è il mio caso. Ma poi mi sorride e, con voce suadente, dice: “Il tuo abbigliamento.”
“Io...”
“Sai, non ti facevo tipo da abito grigio. A giudicare da ciò che scrivevi, mi parevi... non so, un selvaggio; uno di quelli che frequentano ambienti sadomaso e sfoggiano divise di pelle, catene e ammennicoli vari, hai capito...”
“Preferisco passare per un insospettabile.”
“Lo immagino.”
“Andiamo?”
“D’accordo. Fammi strada.”
Usciamo dalla stazione ferroviaria, sempre troppo incasinata per i miei gusti. Non mi piacciono le folle. Preferisco la solitudine e il silenzio. Quando c’è tranquillità, posso farmi coinvolgere dalle fantasie. Finora non ero mai riuscito a condividerle con altri. Finché non l’ho conosciuto in chat. All’inizio mi sono tenuto molte cose per me; ma più comunicavamo, più sentivo di potermi aprire e ho visto giusto. Gli ho confessato il mio sogno intimo, le mie fantasie golose, e ha detto che poteva aiutarmi, che anche lui è goloso. Mentre saliamo in macchina, lo osservo e provo un’emozione intensa. E mi chiedo, sta succedendo veramente? O sto sognando?
Per un po’ guido senza dire niente e pure lui se ne sta zitto. Mi faccio rapire da fantasie di carne cucinata a puntino, servita in piatti d’argento. Mi sembra quasi di sentirne il profumino. So che la gola è un peccato capitale. Ma chi se ne frega. Sono pronto a peccare. Non riesco a resistere. Poi lui rompe il silenzio, chiedendomi: “Sei nervoso?”
“Un pochino.”

“Non esserlo. Sono venuto per darti una mano. Per saziarti. E per saziarmi. Siamo entrambi incorreggibili golosi.”
Annuisco perché sono d’accordo con lui. Conosce la mia anima e io conosco la sua. Magari, se avessimo più tempo a disposizione, potremmo discutere dei vari metodi di cottura, di spezie e condimenti. Ma è inutile crearsi problemi.
Quando entriamo in casa mia, noto che, anche se finge disinvoltura, è nervoso e affamato come lo sono io. Si guarda intorno e mi pare deluso.
“E’ un appartamento normale” dico. “Avrai di certo capito che tendo a non dare nell’occhio.”
“Sei un goloso insospettabile dall’abito grigio.”
“Appunto.”
“E ci riesci?”
“Ci riesco a fare cosa?”
“A non suscitare sospetti.”
“Certamente. C’è una vicina impicciona, però. La classica vecchia acida e irritante... mi guarda sempre in un modo... tenta di scoprire qualcosa sul mio conto, inutilmente. Mi considera strano perché non sono sposato e vivo da solo.”
Lui si siede su una poltrona, come se fosse il padrone e io l’ospite. Ma mi sta bene così.
“Non esistono i single, secondo lei?” mi domanda poi.
“E che ne so... comunque, guarda che non sono gay e...”
“Tranquillo. Non insinuo nulla.”
“Forse potrei essere bisex ma...”
“Non devi darmi spiegazioni. E non mi sono fatto un viaggio in treno di sei ore per fare sesso. È la gola che mi spinge.”
“Vuoi bere qualcosa?”
Anche se abbiamo chiaramente fame, non affronto adesso l’argomento. Ci arriveremo al momento opportuno. Non bisogna affrettare nulla. L’appetito va stimolato con l’attesa. Fa un cenno affermativo con la testa e gli faccio assaggiare un Barolo che è la fine del mondo.
Dopo guardiamo la televisione. Su MTV c’è un vecchio videoclip dei Sex Pistols. Stanno trasmettendo uno special su Johnny Rotten che, recentemente, ha partecipato alla versione britannica de ‘L’Isola dei Famosi’ e ha tentato di mangiare un uccello esotico. Questo ci porta entrambi a ragionare su pennuti di vario tipo, cucinati in tutte le salse. I fagiani, per esempio, insaporiti da basilico o rosmarino. Un intenso languore ci rapisce. Ed allora, lui, guardandomi intensamente, mi chiede: “E se venissimo al dunque?”
Sono goloso, certo. E adoro la carne. Un particolare genere di carne. E i miei gusti culinari potrebbero essere inseriti nella categoria ‘cannibalismo’. L’idea mi si è insinuata nella testa come un rettile infido che sibila seducendomi. Ho letto un sacco di roba sulle popolazioni di certi paesi dedite al consumo di carne umana. Non lo fanno per sadismo. O per crudeltà. Per loro, nutrirsi di un uomo significa farlo vivere nel metabolismo. Se ne appropriano. Ma sono altresì convinto che il sapore gustoso della carne umana eserciti un ruolo notevole in tutto questo. Personalmente, non l’ho mai assaggiata ma sogno di poterlo fare; anche a costo di divorare me stesso. O di farmi divorare da qualcuno goloso almeno quanto il sottoscritto. Possibilmente bello. E sexy. Uno come il mio ospite, insomma. Quando, chattando, gli ho confessato il mio segreto, ha risposto entusiasta, scrivendo che i suoi appetiti erano simili. Tu sei disposto a mangiare e a farti mangiare, golosaccio, mi scrisse; io invece voglio mangiare e basta. E il resto è stato prevedibile.
E dopo qualche minuto, legato alla sedia, somigliante a un vitello pronto per la cena, in cucina, la testa che mi gira, la vista appannata, per colpa dei farmaci e dei tranquillanti che mi ha dato, gli dico: “Non so ancora come ti chiami.”
Non mi serve farmi travolgere dal dolore. La sofferenza sarà atroce. Non mi mangerà tutto, non subito, è chiaro, anche se il peccato di gola lo possiede. Inizierà a mutilarmi e cuocerà i vari pezzi, per gustarli insieme a me. Ci faremo un pranzetto come Dio comanda. Ci strafogheremo e al diavolo le conseguenze. Non so se incomincerà con la mano. O con una porzione di gamba. O magari addirittura con il pene. Mi drogherà ancora, naturalmente, così mi sarà difficile urlare. Sono e rimango un insospettabile goloso dall’abito grigio e non attirerò l’attenzione della vicina impicciona (adesso che ci rifletto, dalle sue ossa si ricaverebbe un brodo strepitoso; sarebbe esaltante assaggiarlo, bollente e profumato, con sale e olio). E il mio stomaco godrà alla grande, quando io e lui assaggeremo la mia carne. Speriamo che ci metta pure il pepe; io al pepe non so resistere. Sarà una cena intima. Un’esperienza da sogno. E forse sto sognando davvero. Sono finito in una specie di fiaba per adulti e mi sento un bambino che sta per essere divorato dalla strega golosa che abita in una casa di marzapane. Solo che stavolta la strega ha le sembianze di un bellissimo ragazzo. Che intanto ha esaminato il forno, le casseruole, le pentole, da cuoco provetto ed esperto; ha dato un’occhiata agli ingredienti; non manca il parmigiano (e chi rinuncia a quello?), la panna, le verdure. Mi condirà per bene, insomma. Mi trasformerà in una pietanza squisita. Come potremmo, davanti a un simile paradiso del gusto, non soggiacere al peccato di gola? Poi, osservando i coltelli attentamente, chiedendosi quale sarà quello giusto, si ricorda delle mie parole e dice: “Preferisco non dirti il mio nome. Il mistero renderà tutto più eccitante. Questa cena deve essere memorabile. Sanguinerai parecchio.”
E capisco cosa intende. E all’improvviso penso a un particolare importante. A uno che non gli avevo comunicato. Perché credevo che gli interessasse solo la carne.
“Non sprecheremo il sangue” dice, avvicinandosi con un sorriso tenero, da amante devoto e affamato. “Alcuni lo cucinano, quando si tratta di bestie da macello. Salato, ha un ottimo sapore.”
“Io...”
“Ma bollirlo al punto giusto richiederebbe troppo tempo. Mi sa che lo berremo, allora, come un buon Chianti. Corretto con succo di pomodoro. È impossibile non farsi venire l’acquolina in bocca davanti a una raffinatezza del genere. Però non ti sforzare, stai per svenire... tranquillo... quando ti sveglierai, avrò già preparato la portata iniziale.”
Ma invece provo a parlare e non è possibile perché i farmaci mi indeboliscono. E pronunciare anche una sola parola è fuori questione. E vorrei dirgli, no, il sangue no, è infetto, non berlo... ho l’AIDS da sei mesi e non puoi scolartelo, non devi essere punito così per la tua golosità e... l’ho detto che sono insospettabile. E lui, purtroppo, accecato dalla gola, non può sospettare.

Sergio L. Duma