Valzer

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2011 - edizione 3

Non sono mai piaciuto molto alle donne. Nella mia vita ho sempre avuto una sorta di timore referenziale verso le donne, esseri di cui non riuscivo a comprendere del tutto l’esistenza. Quella notte tra le luci soffuse della città, scorsi una divinità. Non era una donna come tutte le altre, aveva una dolcezza e una grazia nello sguardo che mi rapirono immediatamente gli occhi. Avanzava velocemente ma in modo leggero, quasi come non toccasse il terreno sottostante. Improvvisamente mi accorsi di essere esattamente in mezzo alla strada, e due fari procedevano di fronte a me, non accennavano a fermarsi. Un attimo e la donna era accanto a me, un abbraccio ed eravamo lontani. Chiusi gli occhi estasiato. Ero innamorato,per la prima volta in vita mia. E pensare che finora avevo sempre disprezzato la vita, considerandola una sfortuna, mentre adesso avevo finalmente un motivo per essere felice. Accostò le sue labbra alle mie, e poi scomparve. Ero felice e terrorizzato allo stesso momento. La dea girò l’angolo e scomparve. Non riuscivo a ragionare, una nebbia mi offuscava la mente. Un’ambulanza mi sfrecciò accanto, il frastuono era attutito, come se fossi stato sott’acqua, solo sfiorato dal mondo circostante. Mi avviai barcollando a casa. Salutai mia mamma, ma lei tenne lo sguardo basso e non rispose. Ormai ero abituato all’ostilità della mia famiglia: nessuno al mondo mi voleva veramente bene, almeno fino a quella stessa sera. Andai in bagno, notai che mi era rimasto un po’ di rossetto sul labbro. Lo leccai lentamente per assaporare il gusto e il profumo della dea. Il sapore non era quello che mi aspettavo, era sì dolce, ma con un retrogusto aspro, mi ricordava qualcosa.

Ma sì, quella sera a quella festa, ero in compagnia di una ragazza, ma come al solito lei mi sembrava troppo. Ballando, imbarazzatissimo, avevo urtato un mobile ed ero finito per terra. Passai la serata in bagno piangendo, avrei voluto ballarlo fino in fondo quel valzer. Quella sera mi usciva sangue dal naso, a fiotti, e più piangevo e mi disperavo, più ne usciva. Ecco cosa aveva lasciato la dea sulle mie labbra: sangue scuro. In preda alla confusione, uscii nuovamente di casa, il mondo ballava intorno a me. Mentre varcavo la porta vidi mia madre rispondere al telefono, poi mi catapultai fuori. Le luci ondeggiavano, e nulla sembrava reale. Udii mia madre singhiozzare al telefono. Sotto i miei piedi il terreno ondeggiava, in un vortice delirante. Fu allora che un fascio di luce mi investì, e dimenticai ogni affanno: la dea era di nuovo davanti a me, candida e perfetta. Ora sapevo che lei mi avrebbe condotto altrove, dove sarei stato finalmente felice e tranquillo, lontano dal frastuono della città. Lei sorrise, io mi avvicinai e sussurrai: - Mi concede questo ultimo Valzer, Madame? -

Arturo C.