La casa delle tre vedove

Un giorno di Novembre, alle prime luci dell’alba, quando la bruma mattutina si condensa in strati sottili e sembra galleggiare nell’aria, seguendola in quel dolce dondolio in guisa di monotona risacca marina, e la luce tremula si insinua tra le fumanti zolle di terra, risplendendone in mille riflessi cristallini, un uomo camminava lungo la strada che uscendo dal paese si adagiava per valli e colline seguendo un percorso dettato più dalla casualità che dalla logica. Nell’accingersi ad oltrepassare il cancello della casa delle tre vedove ebbe come un attimo di smarrimento, un momento di sospensione dell’incessante battito del tempo e dello spazio, provando la netta sensazione di trovarsi sull’orlo di un precipizio. Dovette appellarsi a tutte le sue forze per restare in piedi, cercando disperatamente un sostegno. Prima di cadere a terra la sua mano venne afferrata da una gelida propaggine, dalla quale istintivamente cercò subito di divincolarsi, reputando l’appiglio più pericoloso dell’abisso che percepiva sotto di lui.
- Si sente male, signor Maltoni? - Chiese una voce fredda e dura come l’acciaio, provocandone l’immediata ripresa dei sensi. Si trovava nel viale che dal cancello di ingresso conduceva alla villa, ed il freddo sostegno che gli aveva consentito di non cadere in terra era in effetti la mano di un uomo.
- No, no, ora mi passa, è stato solo un capogiro. La ringrazio, comunque. - Disse cercando di riprendere contatto con la realtà.
- Le signore la stanno aspettando, se vuole seguirmi. - soggiunse quello che sembrava essere il maggiordomo, avviandosi in direzione della villa.
Le brune mura sbrecciate, testimoni di passate battaglie, di antichi assedi, di splendide vittorie e di triste sconfitte, edificate con il sudore e difese con il sangue, ora rimanevano esangui testimoni di glorie trascorse e di inconfessate speranze.

Fiera testimone della potenza militare della signoria, l’antica rocca aveva subito l’onta del tempo divenendo residenza privata, sottoposta alle mire distruttive di chi, credendo di ingentilirla la fece amputare delle torri, rendendola quindi inutile raffigurazione di ciò che più non poteva essere.
Del suo vano sacrificio furono responsabili tre anziane sorelle, che vivevano da sole dopo aver perso ciascuna il proprio consorte. Quando terminarono i lavori di ristrutturazione, prima di entrare, si concessero un lungo sguardo da fuori, ferme in mezzo al parco nel punto in cui c’era una fontana.
- Bella! - dissero in coro tutte e tre, ed entrarono. Da quel momento quella che per secoli era conosciuta come la rocca divenne la casa delle tre vedove.
Così come una persona quando viene privata di un arto continua a sentirne la presenza, le persone del vicino paese iniziarono a narrare di particolari momenti del giorno in cui si potevano vedere le torri ancora ritte nel loro antico splendore. Alcune di loro sostenevano addirittura di conoscere chi, riuscendo ad entrare di sotterfugio nella villa, sosteneva di essere salito per scale costituite da centinaia di gradini, e di essersi sporti da torre merlate così alte che il loro sguardo poteva spaziare fino al mare.
Leonardo Maltoni aveva circa cinquanta anni, ed era il delegato di polizia del paese. La sua occupazione prevalente era costituita quasi per intero dall’evasione delle pratiche amministrative necessarie al buon funzionamento della comunità, lasciando le incombenze delle indagini sui pochissimi reati commessi al sovrintendente che però risiedeva nel capoluogo.
- Mi segua, signor Maltoni -
La fredda determinazione con cui venne ripetuto quel perentorio invito, unitamente al ghigno che per un istante apparve sulla faccia di quell’uomo, lo consigliarono di non indugiare oltre, e si mosse di seguito al suo accompagnatore.
Venne fatto accomodare in un ampio salone con soffitto a cassettoni di legno, decorato con intagli di pregevole fattura. L’ampio camino, le alte finestre e l’arredamento conferivano a quell’ambiente un aspetto certamente severo ma al tempo stesso elegante ed accogliente. Al centro del salone una grande scalinata terminava al piano soprastante, senza proseguire oltre.
Aveva chiesto ed ottenuto di potersi recare in quella casa a quell’ora inconsueta perchè tutte le testimonianze di persone che giuravano di aver visto le torri affermavano che l’avvistamento era avvenuto allo spuntar del sole.
Ora invece quel bel salone, dall’atmosfera così intima, quasi familiare, lo stava convincendo che forse non avrebbe dovuto ascoltare quelle persone, e cercava una valida motivazione per giustificare la sua visita. Alzandosi in piedi si recò verso l’ampia finestra che dava sul parco, da cui si poteva vedere il viale di ingresso ed il cancello sul fondo; ripensò al suo attimo di smarrimento, quasi vergognandosi di aver provato paura. Fu allora che udendo il suo nome pronunciato in coro si voltò, perdendosi in un abisso di terrore.
Lo ritrovarono all’alba del settimo giorno trascorso dopo la sua scomparsa, accasciato sotto una quercia secolare nella radura, a fianco della casa delle tre vedove. Stava dormendo, era notevolmente dimagrito, ed i suoi lineamenti erano contratti, come contorti in una smorfia di paura. Lo avevano cercato ovunque, incessantemente ed inutilmente. Tentarono a lungo di fargli riprendere i sensi, ma non ci riuscirono. Poi, quando il sole si delineò completamente nel cielo, il delegato Maltoni si svegliò di soprassalto, ed iniziò ad ansimare, come se stesse correndo, urlando ripetutamente la stessa frase.
- ... sono qui, loro sono qui... le scale... non finiscono mai... mai... -
Perse di nuovo i sensi tra le braccia dei soccorritori. Alle loro spalle il sole illuminava con i suoi raggi del mattino la casa delle tre vedove. Le due alte torri abbattute si trovavano di nuovo al loro posto.

Nunzio Campanelli