Diaspora

La torre della consapevolezza e i nuovi comandamenti.
Oggi: anno 2999, mese Dicembre, giorno 18, temperatura media terrestre 15° C, rilevazione assottigliamento ozono zona antartica 5%. Popolazione mondiale rigorosamente mantenuta sotto i quindici miliardi grazie al controllo demografico e alla delocalizzazione, segna: 14.654.138.501, per una frazione di secondo però, perché quella non è mai stabile nel suo andirivieni 501-502-501-500-499-500, nato – nato – morto – morto – morto - nato, continuamente, giorno e notte.

 

È morto. Morto veramente questa volta. Anche se non so più cosa significhi morire. L’avviso mi è arrivato tre giorni fa, con la prenotazione del viaggio da confermare. La mia reazione è stata quella di ignorarlo. Che assurdità! Ho trovato irritante il loro perdere tempo con queste comunicazioni che, oltretutto non giovano a nessuno. Voglio dire, quando uno non c’è più non c’è più, punto. Amen.
Ma io non avevo mai subito un lutto, mai; non sapevo di poterlo fare: dirgli addio, addio veramente. Definitivo. Poi un collega mi ha detto che è una cosa recente - C’è questa possibilità, non tutte le agenzie lo fanno; forse ti è sfuggito quando ti hanno mandato l’aggiornamento con le nuove opzioni. Non l’avevo nemmeno letto, ma pensa! Così sono il lutto e, sopraffatto, sì. Non mi ha turbato la morte in sé quanto la vita che ancora c’era. Che assurdità!
– Non ci va nessuno, loro lo sanno. Comunque se declini, ti mandano in omaggio per il costo del viaggio risparmiato un mese pagato della tua assicurazione. Furbi, eh? Aveva continuato.
Adesso sono tre giorni che parlo tra me e me, o tra me e lui, o è lui che parla nella mia testa boh! Bravo, diventerai pazzo, e non hai nemmeno un mese pagato, dato che hai deciso di andare. Proprio così. Anna è ancora arrabbiata, lei odia quel posto. Capirai! Tutti lo odiano. Inoltre Pola ha qualche linea di febbre, così lei si aggira come un’ossessa per casa e guarda continuamente il notiziario perché c’è un’infezione che ha fatto qualche vittima. - Ma hai sentito? Un altro bambino in Francia. Non è endemica, se no quello in America, e quello in Giappone, eh, come li spieghi? Così mi ha detto. Io non so cosa risponderle. Cinque bambini dell’età di Pola deceduti in tre mesi, in cinque zone geografiche differenti non fanno una pandemia. – sei troppo apprensiva – così le ho risposto.
Sono in piedi da un’ora, davanti alla finestra. Anna mi si avvicina cingendomi la vita da dietro.
- Sei sicuro? Ma perché vuoi andarci?
- Tu non lo faresti per me?
- Che c’entra? No... dico io... sì è vero ora lo fanno... ma nessuno pensa di usufruirne, nessuno.
- Non so... non so che mi prende. Ma guarda com’è alta la torre! Mio padre diceva che le hanno fatte apposta così alte.
- Ne diceva tante...
- Per rubare i momenti morti, diceva. Hai presente quelli in cui le persone alzano gli occhi al cielo in preda allo sconforto, alla noia, all’insoddisfazione. Momenti pericolosi per l’umanità.
- Tuo padre amava le leggende.
- La storia, vorrai dire.
La storia s’impara a scuola. Tuo padre ti ha riempito la testa di assurdità.
- Tipo? Dimmene una.
- Tipo... ecco, che gli uomini assistevano le mogli al parto.
- Beh, non stento a credere nell’esistenza di maschi bipedi intraprendenti e curiosi.
- Non cambi idea?
- No, e poi ho già confermato.

Ok, un’ora e mezza per arrivare all’imbarco. Che faccio? Che faccio quando sono là, prego? No, lui non vorrebbe. Piango? Non vorrebbe neanche questo. Parlo. E che dico? Forse non vorrebbe nemmeno che andassi da lui. Che giornata è oggi, che cielo. Non è così brutto il mondo.
Ma guarda, ragazzo, vedi che se lo guardi con poca attenzione non sembra neanche brutto. Le reti, quelle che l’uomo ha gettato sulle agitazioni del mondo, caspita! Sembrano esserci da sempre. Non è cosi? I geosteli, ma li vedi? Li abbiamo ficcati noi, giù, a catturare l’energia dei movimenti tellurici. E ci sono bambini che pensano siano spuntati dalla terra! Come i pannelli fotovoltaici, e i biscioni cattura onde. Esserci sempre stati... come un monte, un albero, un uomo. Incredibile!
Così diceva mio padre.
Ho mal di testa e sono molto agitato. Anzi, ho paura. Arrivo finalmente all’imbarco, rammento quando ho accompagnato mio padre otto anni fa. L’ho lasciato dall’altra parte, su quel nastro trasportatore a percorrere l’infinito preambolo che conduce all’aldilà. Mi siedo, sono solo nella colonna visitatori. Oltre la parete metallica, sicuramente staranno sfilando carichi di deceduti sulla terra, dall’altra, malati terminali. Fa freddo.
La morte! La morte figliolo l’uomo non riuscirà mai sconfiggerla. Certo meglio togliersi il pensiero. Speculare sulle cose ultime... bisogna trovare un posto. Allora ecco! Una regione fisica per l’aldilà, con coordinate precise. Che illusione, ragazzo, che illusione.
Bene, l‘accesso, ora aspetto. Così in fretta? C’è una signorina che mi fa cenno di procedere. Pensavo di avere più tempo. Mi accomodo, ho un tizio a fianco che sembra non vedere la luce del sole da quando è nato. Ventiquattro ore, dormirò.
- Salve, dove lavora? Se posso chiederlo... io ai crematori est. - Dice il pallido facendomi spalancare gli occhi.
- Sono un visitatore.
- Visitatore? Cavoli, che sorpresa.
- Commiato, mio padre è morto - dico ostentando naturalezza.
- Farà in fretta, vedrà! Comunque io non tornavo a casa da quattro anni. Dai, mi dico, ancora dieci anni e poi ho fatto i soldi e, addio vecchia crostaccia.
Mi torna in mente una cosa. Quasi quasi gliela dico - lo sa che i nostri antenati si scambiavano promesse d’amore volgendole lo sguardo e le dedicavano sonetti? - Ma che ride questo? Bravo, dormi che dormo anch’io.
Siamo arrivati, quasi non me ne sono accorto. Ora m’inoculano. Dicono così, perché è come se ti sparassero nel satellite con un enorme siringone. Le strutture l’hanno ricoperto quasi per intero tanto che sembra avere un rivestimento brunito. Scendo lento attraverso il cilindro, mi sento come un agente patogeno. Mi si apre una piazza davanti: il centro dell’Hospice. Mi faccio portare alla sezione geriatria. È un labirinto nel quale il progresso luminoso indotto dal mezzo su cui mi muovo svela solo anime incorporee che si trascinano per i cunicoli. Mi scarica davanti a una semisfera che accoglie una signorina sorridente. Lei m’invita ad attendere non so chi in una stanza. Poco dopo arriva un’altra signorina poco sorridente, anzi, tesa quanto me. Incespica dicendomi che si scusano per il disagio. Non capisco - disagio? Fa un giro di parole che mi pare più lungo del viaggio appena concluso, poi dice – c’è stato un errore, non abbiamo fatto in tempo a comunicarglielo, era già in viaggio. - Non capisco? - Dico. – C’è stato uno scambio di letti così il nostro sistema ha rilevato parametri non corrispondenti. Suo padre non è morto.
Non so che pensare. Mi viene una rabbia... gliela rovescio addosso - siete una banda di criminali. Vi denuncio, vi chiedo i danni, vi rovino. Cambio assicurazione! Lei mi promette mari e monti e tariffe stracciate e omaggi a valanga. Io rido e cado sulla sedia di schianto. – Signore, ho un posto libero per il ritorno se vuole imbarcarsi subito, altrimenti le prenoto una camera e la imbarcherò domani.
Rido ancora – domani- dico.
Mio padre è seduto sul letto, gambe penzoloni. Sono ingabbiate in una mobile struttura metallica.
Mi avvicino. Lui si volta. Ha un sussulto, io con lui. Mi raggiunge camminando come un giocattolo impazzito. Ha una scatoletta all’altezza del cuore, un marchingegno che regola a piacimento. - Papà – dico. – Figliolo - dice. Ci divoriamo con lo sguardo. Poi batte le mani sulle mie spalle - bravo, bravo. Ora andiamo. – Andiamo dove? – Al funerale del mio amico.
Mi ritrovo a fissare le tacche di una banda rossa che avanza inesorabile, al completamento l’amico di mio padre sarà cenere. Sono al commiato di uno sconosciuto.
- Papà, perché l’hai fatto?
Lui sorride.
- Perché volevi rivedermi?
- Anche figliolo. Voglio tornare sulla terra.
Rido - sei impazzito? Lo sai che non è possibile... - Tutto è possibile. - Non dire fesserie, è illegale. – Illegale? Quanto mai ho rispettato la legge in vita mia. – No, scordatelo! Anche perché sarei io a finire in galera. – Ti preoc... - No - dico – che razza d’idee.
Sto tornando a casa, sono impaziente di riabbracciare Pola e Anna, anche se so che mi ucciderà.
– Figliolo, che bella questa musica, peccato non ci cantino sopra qualcosa. Ti ho mai detto che...
– Papà, ti prego.
– ... figliolo, non angosciarti!
– Già, è una parola. Finirò in galera e non vedrò più mia moglie e mia figlia.
Finalmente sulla terra. Provo a chiamare Anna, strano, non risponde. Riproverò più tardi. Non vedo l’ora di arrivare a casa; tutti ci guardano con biasimo. Mi chiama lei. Piange. Dice che è in ospedale. Pola sta male. Corro trascinandomi mio padre. Sono in ospedale. Ho schivato tanti di quei dottori zelanti, tutti a chiedermi cosa ci facesse l’uomo con me, e qui. Ma io ora vedo solo lei, stesa, immobile, e mia moglie che disperata dice che i medici non sanno cosa sia, proprio come gli altri bambini. La osservo da un’ora, impotente. Mio padre vede sua nipote per la prima volta ed è distrutto. Lo devo portare a casa. Non può restare qui.
- Papà, vieni. Lui ha voglia di dirmi qualcosa, ma io non ho voglia di ascoltare. Lo lascio a casa e poi ritorno in ospedale. Dopo due ore rientro, tutto è silenzio; gli avevo detto di andare a riposare. Vado in camera. Lo chiamo. Dorme. No. Il suo petto è fermo. Mi avvicino. Non respira. È morto, per davvero. Non ci credo. – Cazzo fai? Muori? No. Mi fai combinare tutto sto casino, e muori, adesso poi che... cazzo. Piango sì, ma mi hai fatto proprio incazzare. Che cos’è? Un biglietto!
Sei incazzato? Ti capisco. Vedi, è magnanima la terra. Lei non s’è mai incazzata. L’hanno bombardata, trivellata, prosciugata, niente. Mica puoi rubarle, però. Quello no. Dicono sia cominciato con un egoistico quanto effimero desiderio di sottrarli ai suoi abissi, per conservarli in piccole anfore; una ruberia di breve durata. Ci fu un tempo, poi, che sottrarsi all’oblio voleva dire svincolarsi definitivamente dai propri custodi e dalla loro caducità, orbitare eternamente poco distanti; dispersione minima e illusoria. Poi questo! La soluzione finale per il bene dell’umanità... Eh, no, mica lo perdona questo.
Guardo il marchingegno sul suo petto. Ho capito. Sì. Che faccio ora? Dove? Devo pensare. Ci sono! Lo avvolgo. È pesante. Lo carico sul mio veicolo.
Questo è il campo di mirtilli neri, dove mi portava da bambino. Prendo il contenitore. Spero basti. Glielo verso sopra. È zuppo. Ecco, il fuoco, sì, brucia, brucia in fretta il suo corpo. Lo guardo disintegrarsi poi uno strano vento si alza e lui turbina via lasciando ai miei piedi una chiazza scura.

 

Oggi ho promesso ad Anna che presto saremmo andati qualche giorno in vacanza, in un posto dove sarà impossibile vedere qualunque torre. - Impossibile - ha risposto lei. Quindi Pola ha detto che sapeva di un posto con certi alberi alti alti.

Simona Carlini