Le amiche di Sonia

Si sentiva sola. Aveva tante amiche attorno a sé. Ma si sentiva sola. Usciva sempre fuori con le sue amiche, ma si sentiva sola. Loro parlavano, tanto, ma Sonia non le ascoltava più; il solito brusio, una cantilena noiosa e ripetitiva, a tratti irritante. L’interesse per le cose di cui parlavano scemava sempre di più.
Di cazzate, disquisivano le sue amiche, sempre e solo di cazzate. Una noia mortale. Ultimamente Sonia passava il tempo a fingere, fingere di ascoltarle, le sue amiche sceme.
Gli occhi le pesavano, uno sforzo terribile; la sera tornava a casa sempre più stanca. Era schiacciata da quella inutile forza vitale che le riversavano addosso. Loro sempre gioiose, vogliose di blaterare, di vomitare le proprie cazzate, inutili e fastidiose. All’inizio Sonia usciva felice, beveva, si ubriacava, parlava e pure ascoltava. Sonia parlava tanto, pure lei, ma non di cazzate. Sonia non parlava quasi mai di cazzate. Solo a volte. Le sue amiche invece parlavano sempre e solo di cazzate.
Difatti ultimamente Sonia non ce la faceva più. Smise pure di alcolizzarsi. Alcolizzarsi aiuta a dire cose interessanti, ma anche cazzate. Ma le sue amiche sceme non avevano tempo e bisogno di alcolizzarsi. Loro le cazzate le dicevano con naturalezza. Sonia la notte aveva gli incubi. Mostruosi. Da giorni, da mesi sognava continuamente le sue amiche, le loro cazzate. Le loro parole vuote ed inutili ma ossessive ed insistenti rimbombavano dentro la sua testa, e le sue tempie pulsavano, sempre di più.
Un’emicrania ormai quasi cronica provocata da quel insieme terribile di inutilità e futilità che tracimavano con veemenza dalla bocca delle sue amiche, come le acque di un fiume nel pieno di un alluvione. Doveva cambiare. Ci voleva una soluzione, una soluzione drastica ma risolutiva.
Sonia aveva 2 alternative: andarsene via lontano, una volta per tutte, o uccidere le sue amiche.
Scelse la seconda.

Era inesperta, avrebbe avuto bisogno di suggerimenti e consigli pratici. La sua famiglia non glieli poteva dare. Per quanto ne sapesse, nessun parente aveva mai ucciso qualcuno; ma Sonia detestava troppo le sue amiche e le voleva uccidere a tutti i costi, quindi non avrebbe avuto bisogno di nessuno. Ciò che contava era la sua determinazione. Doveva assolutamente sbarazzarsi di quelle amiche sceme. L’emicrania la stava divorando.
Aveva bisogno di un arma: una pistola o un fucile. In America si trovavano facilmente entrambi. Li ordinò e li acquistò tutti e due, una pistola ed un fucile, su internet, dall’America. Li aveva pagati poco. In America paghi tutto meno che da noi. Una figata. Ne avrebbe potuto comprare ancora ed ancora di pistole e fucili, tanto costavano poco in America; un semplice click al computer e tempo una settimana avevi quello che ti serviva.
Già pregustava i momenti in cui finalmente avrebbe potuto dormire sonni tranquilli, senza le amiche sceme, senza emicrania, senza più incubi la notte. Mise a punto il suo piano. Sonia telefonò alle sue amiche per invitarle a casa sua. Disse loro che le avrebbe uccise. Con una pistola, o con un fucile, ancora doveva decidere. Le amiche sceme si sbellicavano. Le cazzate che stava sparando in quel momento Sonia le facevano impazzire di gioia. Le divertivano. Sonia stava diventando proprio come loro. Il momento si stava avvicinando, presto sarebbero state tutte lì di fronte a lei pronte per l’esecuzione. Era emozionata. Sapeva che a breve non avrebbe più sofferto. Senza le amiche sceme. Senza emicrania. Senza più incubi la notte. Suonò il campanello, era la prima, ancora il campanello e poi ancora. Tutte le sue amiche, erano 7, nessuna volle perdersi l’indimenticabile serata a casa di Sonia. Salivano una dopo l’altra su per le scale ridendo e sghignazzando come galline. Anche per loro era una serata speciale. A casa di Sonia e sentirla parlare di cazzate. Finalmente! Sonia aveva paura. Tremava. Per un attimo ebbe un ripensamento. Meglio andarsene, pensava dentro di sé; ma subito s’immaginò. Lei. Senza più le amiche sceme. Senza emicrania. Senza più incubi la notte. Che sollievo! Doveva ucciderle. Così fece.
Stavano tutte insieme nel soggiorno. Bene. Più facile. Prese la pistola e fece partire cinque colpi verso la prima. Non male la mira per essere la prima volta. Dei cinque colpi almeno un paio in testa. Gli altri 3 di contorno; la prima amica scema crollò a terra e morì all’istante, schizzi di sangue su pareti e finestre. Poi la seconda. Imbracciò stavolta il fucile. Così, per cambiare. Sparò. Più complicato però il lavoro, più pesante l’arma, meno controllabile; i colpi andarono in basso e poi in alto, ma riuscì a prendere due amiche sceme in una volta, alle gambe però. E infatti non morirono subito, anzi continuavano a sghignazzare come oche, come sempre. Riprese il fucile e infilò la canna dentro la loro bocca. Sangue e poi sangue. Non ridevano più. Brava Sonia. Così si fa. Erano per terra, tutti i tre i corpi, uno sopra all’altro. Ne mancavano 4, stavano ferme in attesa del loro destino. Sonia ebbe un ripensamento. Non ce la faccio. Non sono in grado, me ne vado pensò, ma dopo pochi secondi... un eternità... riprese a sparare. Senza più amiche sceme. Senza emicrania. Senza più incubi la notte. Sorrise e sparò sempre più forte, senza prendere la mira però, sparava senza più guardare, Sonia. Troppo pesante l’arma, ora forse aveva bisogno di qualcuno che la aiutasse. Era sola contro quelle 4 amiche sceme superstiti. Aveva paura... il cuore in gola... era pallida... ebbe un momento di debolezza che si poteva rivelare imperdonabile e poteva mandare all’aria tutto il suo piano. Le 4 amiche superstiti avevano capito. Avevano capito che al telefono quel pomeriggio, Sonia non aveva detto cazzate. Le stava uccidendo per davvero. Avrebbero dovuto capirlo subito, Sonia quasi mai diceva cazzate. Colpiva muri, pareti, soffitti e lampadari, ma le fantastiche 4 amiche sceme non riusciva a prenderle. Erano sempre lì, davanti a lei. Sonia aveva bisogno di aiuto per finire di uccidere; sentiva che da sola non ce l’avrebbe fatta. Allora le 4 amiche sceme decisero di aiutarla. Una di loro raccolse l’altra arma, la pistola, quella acquistata dall’America insieme al fucile con un semplice click al computer. Se la puntò alla tempia, e sparò. Cadde per terra all’istante. Morta. Così fecero a turno le altre, una dopo l’altra. Si ammazzarono. Come persone normali stanche di vivere. L’avevano vista in difficoltà così l’avevano aiutata. Sonia si sentì sollevata, commossa dal loro gesto. Forse non erano poi così sceme. Invece erano state proprie sceme. Avrebbero potuto scappare, crearsi una via di fuga, fuggire dal soggiorno, aprire la porta d’ingresso, giù per le scale e correre. Correre più che avrebbero potuto; Sonia non sarebbe riuscita ad inseguirle e ad ucciderle. Non aveva né la forza né la lucidità per farlo. Ma loro erano sceme, quindi avevano agito da sceme. E da sceme si erano ammazzate. E si sentì rinfrancata. E pensò che era stata brava a comprarne 2 di armi, una pistola e un fucile, Una per lei ed una per loro. Merito dell’America dove le armi costano poco e le puoi acquistare pure via internet. Si sentì sempre meglio. La scemenza delle sue amiche questa volta le era stata propizia. Raccolse quel ammasso di corpi, accatastati gli uni sugli altri e li bruciò. Non era stato nemmeno troppo difficile, a parte quel piccolo aiutino alla fine che tuttavia non avrebbe mai confessato a nessuno. Troppa vergogna. Sonia aiutata da delle sceme che parlano solo di cazzate. Mai e poi mai! Adesso poteva vivere tranquilla, senza le amiche sceme, senza emicrania, senza più incubi la notte. Al pensiero le veniva l’acquolina in bocca. Finalmente poteva ricominciare a vivere. Dormire sonni profondi. Andò a letto sfinita; era stata una giornata pesante. Ma ne era valsa la pena. Il mattino dopo si svegliò. Un’emicrania fortissima, insopportabile, non aveva chiuso occhio, incubi terribili, l’ombra delle amiche sceme che non c’erano più era sempre maledettamente lì con lei. Eppure le aveva fatte fuori. Dopo tutti gli sforzi e le fatiche aveva diritto di stare bene, di vivere come le persone normali, di dormire. Forse era ancora troppo vivo il ricordo delle sue amiche pensò fra sé e sé. Ma il mattino dopo si risvegliò ancora in quelle condizioni. Così quelli successivi. Senza più le amiche sceme ma con un’emicrania insopportabile. Incubi mostruosi. Continuava a sognarle, come fossero ancora vive, come se lei fosse lì con loro, ancora ad ascoltare le loro cazzate. Erano passati mesi e Sonia continuava a non dormire la notte, a sognarle continuamente, in modo ossessivo ed insistente. Sonia non ne poteva più. Doveva cambiare. Ci voleva una soluzione, una soluzione drastica ma risolutiva.
Fece le valigie e prese il primo aereo. Sonia aveva deciso di andarsene.

Vanni Pestelli

Nato nel 1976, laureato in Giurisprudenza, scrivo racconti e sto lavorando al mio primo libro.