Incubo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2010 - edizione 9

Mi svegliò di soprassalto. Il cuore le batteva a mille e il respiro le era stato strappato come da un salto improvviso nel vuoto. Non era la prima volta.
Si girò verso la finestra, non voleva farlo, aveva paura di quello che avrebbe visto, ma non sapere se anche quella notte la stava guardando era una tortura ancora peggiore.
Lui era lì, o meglio, c’erano i suoi freddi occhi rossi nei quali girava un vorticoso vortice bianco, dal quale lei rimaneva sempre ipnotizzata.
Era terrorizzata e il terrore la svegliò all’improvviso: l’occhio non c’era più.
Questa volta però il sogno era diverso, l’atmosfera era diversa ed un terrore folle si impadronì di lei gelandole il sangue nelle vene.
Si alzò e si diresse nella camera accanto.
La stanza era deserta, i suoi genitori non c’erano, il letto sfatto e alle finestre spalancate ballavano le bianche tende a brandelli.
Le sembrava di essere una statua di pietra, non riusciva più a muoversi.
Obbligando le gambe a spostarsi si costrinse ad uscire dalla camera per ritrovarsi all’aperto sul terrazzo.

L’aria era glaciale, ma non la sentiva.
Il suo sguardo fu catturato da una nera figura che svettava nel contrasto con la luce del lampione. Sembrava un uomo, ma l’enorme mantello nero che lo copriva impediva di capire.
Nulla si vedeva di lui tranne l’occhio che in quell’istante la stava fissando.
Era rosso sangue e al suo interno vi era un oscuro vortice bianco.
Avrebbe voluto urlare, ma la voce si rifiutava di uscire.
L’istante dopo avvertì la sua fredda mano tapparle la bocca. In quel momento avvertì la morte passarle accanto.
Si svegliò all’improvviso, era al sicuro tra le sue calde coperte.
Non si girò verso la finestra, non voleva vedere ma un oscuro occhio rosso non aveva mai smesso di guardarla.

Valentina Grigato

Sono diplomata presso l’istituto tecnico “G. Ferrari, I.T.G. geometri” e attualmente frequento il corso di “Scienze dell’Architettura” al “Politecnico di Milano”.