Sine requie

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2010 - edizione 9

“Padre stanno arrivando! Dobbiamo barricarci dentro!”.
L’uomo ansimante, visibilmente scosso, sbraitò le parole come un indemoniato, dopo aver sbattuto con foga il portale, facendo trasalire gli astanti della cerimonia funebre. Il pianto e le urla di disperazione delle persone sedute nelle prime file zittì di colpo. Per un attimo ci fu un silenzio surreale, prima che l’uomo proseguisse con lo stesso tono concitato.
“Datemi una mano. Presto!”, impartì l’ordine mentre trascinava alcune panche di rovere dietro l’ingresso della chiesa, con la chiara intenzione di ostruirne il passaggio.
Il sacerdote, dopo aver invitato i presenti alla calma, si avvicinò all’individuo in evidente stato confusionale.
“Padre deve credermi... Abbiamo pochissimo tempo... Stanno arrivando!”, imprecò ad alta voce.
Un’espressione di stupore si dipinse sul volto del prete ma, prima che potesse dire qualcosa, l’uomo proseguì imperterrito.
“Per l’amor di Dio. Dovete ascoltarmi! Loro saranno qui a momenti... Riuscite a capirlo? Muoviamoci o per noi sarà la fine”. Latrò con tutto il fiato che aveva in gola.
Delle urla laceranti si levarono dalla strada, accompagnate da un concitato trepestio di passi.
Poi alcuni spari riecheggiarono da lontano.
Sconvolti dagli eventi, i presenti si avvicinarono all’ingresso. Qualcuno suggerì di controllare cosa stesse accadendo là fuori. Ma alcuni grugniti inumani al di là del portale, seguiti dall’incessante stridio di qualcosa che raspava energicamente contro di esso, furono sufficienti a far cambiare loro idea.
Forse quell’uomo aveva ragione, convennero in molti, anche se il senso delle sue parole al momento restava incomprensibile.

L’improvviso schianto alle loro spalle fece sobbalzare tutti all’unisono, strappandoli dalle loro riflessioni.
Solo quando si voltarono verso l’altare, compresero l’orrore in tutto il suo abominio.
Uno di loro era già lì.
L’uomo issatosi dalla bara appena scoperchiata, con le braccia protese in avanti come in un abbraccio, caracollò grottescamente verso la propria vedova.

Carmine Cantile