L'appello

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2010 - edizione 9

Non so un cazzo, pensava Mattia spiando il buio fuori dalla finestra, non so un cazzo e sono davanti al professore più bastardo dell’ateneo. Provò a deglutire ma il groppo rabbioso non voleva saperne di andare giù.
Il professore lo osservò di sbieco attraverso gli occhiali senza montatura, e dopo quel che parve un’eternità disse sei semplici parole: - Secondo me lei non ha studiato.
Mattia boccheggiò: - Come ha detto?
- Mi ha sentito. Insegno da oltre trent’anni, ormai gli studenti disperati li riconosco a naso. Mi risponda francamente: lei è preparato?
Mattia si guardò attorno. La cattedra, le sedie, le pareti, tutto in quell’aula gli appariva normale, eppure lui aveva l’impressione di trovarsi in un mondo a parte, di essere al centro di una burla. Arrossì e rispose: - No.

Il professore si concesse una smorfia ironica: - Apprezzo la sua onestà. Del resto in facoltà non è rimasto nessuno, ci possiamo permettere certe confidenze. Mi dia il suo libretto, per favore.
Mattia obbedì. Il professore prese il libretto, vi vergò sopra un trenta, firmò e glielo riconsegnò. Mattia non riusciva a spiccicare parola: il professore più bastardo dell’ateneo gli aveva appena dato trenta senza neppure interrogarlo. Stava sognando? Stringendo tra le mani tremanti il libretto, quasi temesse che il voto evaporasse via, Mattia mormorò: - Io non capisco...
- Lei non deve capire. Lei deve correre.
Mattia alzò gli occhi e solo allora notò che il professore sorrideva, mettendo in mostra una selva di denti aguzzi. Denti da predatore: - Trenta non è soltanto il voto. Sono anche i secondi di vantaggio che le concedo. Sa, questi appelli mi mettono addosso una fame...
In preda al terrore Mattia ruzzolò dalla sedia e corse verso la porta, già sapendo che non avrebbe mai fatto in tempo.

Matteo Bigarella