Il terzo figlio

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2010 - edizione 9

Blackout. Nella stanza e nella mente.

 

Mugugni infantili, singhiozzi. E il buio delle sue palpebre, incapaci di schiudersi.
Cercò di opporsi alla forza che la teneva incollata alla sedia. Il dolore che le riempiva il cranio esplose come una violenta stilettata. Le voci dei bambini quasi svanirono. La donna inspirò dal naso ossigeno fino a riempire i polmoni. Allo stesso modo li svuotò, ricevendone rinnovata lucidità.
Dario e Mattia già dormivano, io stiravo davanti alla TV aspettando Vincenzo. E’ saltata la luce...
Poi il buio. Assoluto.
Marta spalancò gli occhi, scontrandosi con quelli straziati dei figli, seduti di fronte con gambe e braccia strette da nastro adesivo a bloccarli sulle sedie del salotto. A differenza delle loro, la mano destra di Marta era libera.
L’uomo si frappose tra lei e i bambini, visibilmente terrorizzato. Infilò rapido una pistola tra le dita della donna, e usò quella che stringeva nell’altra mano per spararsi in bocca.
Erano trascorsi diciotto anni, ma lei riconobbe facilmente quel corpo senza vita.
Mario. Primo amore. Prima scopata. Unico...
“Scegli chi uccidere. Hai un minuto da ora, altrimenti li ucciderò entrambi.”

Marta ora tremava davvero.
“Chi sei?”
“Scegli.”
Il panico si mescolò alle lacrime.
“Non posso...”
“Scegli.”
Cristo è un incubo
“Trenta secondi.”
“Uccidi me!”
“Ventidue.”
“Per favore...”
“Quindici.”
Cristo. Cristo!
“Cinque, quattro...”
Tlick!
La canna, rivolta verso Mattia, non produsse sparo.

 

La voce divenne innanzi a Marta un corpo. Nudo, deforme, coperto di sangue e placenta. Dal ventre del feto adulto pendevano i resti anneriti del cordone ombelicale.
“Mamma, sono io, tuo figlio.”
O Dio, no
“Ero solo una ragazzina...”
Prima di svanire, il feto si portò accanto a Mattia e, liberandolo, lo baciò.
Il bambino puntò gli occhi verso quelli tremanti del fratellino, poi cercò lo sguardo della madre che gli aveva sparato.
E pianse.

Luca Bettega