Stupro tentacolare

Il ventre piatto, abbronzato, disseminato da una miriade di goccioline luccicanti al sole cocente del primo pomeriggio, il bikini minuscolo che si posa leggero sulle carni e sottili della giovane ragazza, il sole arde, alto nel sole limpido di giugno.
“Vado a fare una nuotata papà!”
La ragazza si alza, le piccole natiche paiono frutti acerbi provenienti da remote regioni tropicali, pochi passi nell’acqua e i fianchi vengono lambiti dal mare turchese ove si spargono bagliori dorati.
“Non andare al di là degli scogli Vichi!”
Ma la tentazione è forte, l’acqua è più fresca laggiù in mare aperto, l’agile corpo scivola nell’acqua, sirena bruna, magra come un corallo.
Già qualcosa sta osservando quel ventre piatto e scolpito che si muove a fior d’acqua, qualcosa che se ne sta sul fondo muovendosi placidamente.
Vichi supera gli scogli, le sue gambe sottili fendono l’acqua che ora è divenuta d’un azzurro più cupo ove è impossibile scorgere il fondale.
Senza sforzo alcuno le braccia della sirena nuotano, il suo corpo è leggero e fluttuante, privo di peso, poi un’ombra enorme si muove sul fondo, per un solo momento, lentamente sembra risalire.
Vichi si fa prendere dal panico, non vuole scoprire cosa sia, comincia a nuotare scoordinatamente, l’acqua adesso è pesante, i fiotti salati la avviliscono, il cuore batte violentemente fiaccando quei fianchi muscolosi e bagnati.
Con la coda dell’occhio la ragazza riesce a vedere la macchia scura, la sta seguendo lentamente, ora è sotto di lei...
Qualcosa le afferra la caviglia, qualcosa di viscido munito di ventose tenaci e dolorose, è un grosso tentacolo quello che la brandisce costringendola ad andare giù, presto un altro mostruoso arto tentacolare ghermisce i fianchi di Vichi, un enorme ventosa risucchia il suo ventre mentre un’altra ancora aderisce al pube come una bocca affamata suggendo avidamente, un tentacolo infatti le scorreva fra le natiche lambendole il sesso come fosse un obbrobrioso serpente.

 

Fu così che il polipo rapì la ragazza trascinandola sul fondo, la portò in una cavità fra gli scogli che doveva essere la sua tana, ma forse non si trattava del fondale marino, poiché l’acqua era bassa e vi penetravano spiragli di luce...
Vichi si rannicchiò piangendo sul fondo della limacciosa insenatura, fu allora che notò intorno a sé una decina di teschi umani, costumi da bagno femminili laceri, collanine da adolescenti e gioielli da signora, quello era l’antro osceno d’un sordido, mostruoso essere.
Il polipo cominciò ad avvicinarsi alla fanciulla, fece scorrere uno dei tentacoli lungo l’interno coscia, Vichi trasalì, si aspettava di essere uccisa, ma non quello, non quell’abominio, il polipo aveva intenzioni sessuali!
Con l’estremità della zampa spostò prepotentemente il sottile lembo di bikini che copriva il pube, la nera peluria bagnata fu completamente scoperta, allora il tentacolo penetrò invadentemente nella stretta vagina, Vichi urlò, un’altra grinfia le tappò la bocca penetrandovi come fosse un pene ignominioso, le ventose grattavano con veemenza sotto il palato risucchiando l’aria dalla gola in un viscoso bacio bestiale.
Vichi soffocava lacrimando sui tentacoli, mentre una nuova grinfia scivolava fra le sue natiche divaricandole con forza.

 

Così la fanciulla fu rapita e stuprata dal polipo, tentacoli grossi come braccia laceravano la vulva...
Con uno scatto diabolico e fulmineo l’essere afferrò la caviglia di Vichi, la sollevò dal suolo schiantandola violentemente contro la roccia, un tentacolo si fece spazio nell’ano penetrandovi con liquido rumore e prese a scavare nelle viscere dilatando le pareti della piccola fessura fino a farla sanguinare.
Il corpo fu scaraventato più volte contro gli scogli, mentre le zampe strisciavano contraendosi.
Vichi sentì il cranio frantumarsi, era semicosciente mentre sentiva le grinfie penetrare sempre più a fondo attraverso vulva e ano.
Un altro tentacolo afferrò la caviglia libera e le gambe furono divaricate fino a spezzarsi all’altezza del bacino.

 

Il polipo lasciò il cadavere scempiato sugli scogli e cominciò a muoversi lentamente all’indietro, sinuosamente i tentacoli danzavano in oscene movenze di lascivia.

 

Vichi fu lasciata lì, violentata da un polpo rapitore, in attesa di decomporsi, mentre ancora suo padre da riva tentava di scorgerla tra i fluttui di quel mare turchese.

Davide Giannicolo