Elmett

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2010 - edizione 2

C'è un momento nella vita di un uomo in cui trema il ferro in mano. A me è successo vent’anni fa davanti a un panzone, ma era la prima volta che sparavo a qualcosa di vivo. A causa del mio tremore quello si beccò uno spioncino al fegato piuttosto che al cuore e agonizzò ululando peggio di un maiale al macello. Mai avrei immaginato che dopo tanti anni la maledetta mano sarebbe tremata di nuovo. Indeciso strizzo ancora l’occhio per guardare nel mirino e la rivedo: una bambina di due anni che sgambetta allegra sul prato. Sono sul tetto del palazzo a duecento metri dalla villa del Presidente, un uomo che è più dentro la malavita di un uccello nel culo di una checca. Ha assoldato persone come me per uccidere chiunque si piazzasse sulla sua strada verso la presidenza, ha sborsato milioni per farsi eleggere, traffica stupefacenti e bambini in Sud America e tanti altri intrallazzi sono seppelliti sotto montagne di omertà.
Il poveraccio che mi ha ingaggiato è un sentimentale che chiede vendetta per l’omicidio della moglie, la quale voleva svelare alcune magagne alla polizia. La donna aveva lavorato come segretaria del Presidente per dodici anni e quando si è decisa a parlare l’hanno rapita, violentata e smembrata in una segheria. Con gli occhi rossi il vedovo mi ha messo il manico di una valigetta piena di soldi in una mano e la foto di questa bambina nell’altra. Ce la posso fare, ho pensato. E ora dopo giorni di appostamenti, sono qui a sudare freddo...

-Non ti crucciare, amico!- sibilò una voce in quel silenzio tremolante d’afa estiva. Il cecchino si girò e vide qualcosa che lo fece rizzare in piedi e immobilizzare con un’espressione ebete. Scalciando nell’aria, maestoso come solo un affiliato di Satana o un pennuto di Dio può essere, la creatura si appollaiò sul cornicione della terrazza mettendo in piena luce la sua inumana figura. Aveva lunghe corna d’avorio, occhi neri e lucidi d’ematite, le narici taurine si dilatavano a ogni espirazione. La sua pelle era porrosa come quella di un anfibio, le gambe erano quelle irsute di un caprone.
-Mi presento, sono Elow- disse facendosi avanti. Elmett non indietreggiò di un passo, ma si stava cagando addosso. Elow era a dieci centimetri da lui, quando s’arrestò e prese a girargli intorno. All’improvviso scoppiò in una fragorosa risata: - Ma che mammoletta sei! Non uccidi bambini tu?- Disse leggendogli nel profondo.
-Cosa vuoi mostro?- urlò verso la bestia il cecchino piccato, in un impeto di rabbia per l’onore offeso che scacciò la paura.
–Io?! Nulla amico mio. Solo porre fine ai tuoi dilemmi!- E con un sol sguardo, senza dargli possibilità di replicare, l’incenerì sul posto.
-E pensare che eravamo colleghi Elmett! In fondo, sono stato evocato dall’Inferno da un umano per lo stesso motivo che ti ha portato qui oggi! Ma tu, smidollato, non saresti riuscito nell’intento... Ci vediamo dall’altra parte!- disse Elow al Soffio che si liberava dall’involucro ardente. Poi spiccò il volo verso la villa del politico.

Enrichetta Sorrentino