Nella notte, un'ombra

Quando a Chieti si sparse la voce che un presunto serial killer fosse l'autore dei tre strani omicidi avvenuti negli ultimi due mesi, Camilla si fece una grassa risata. A lei faceva paura l'idea che la cosa potesse essere vera, ma allo stesso tempo la sua incrollabile razionalità le impediva di dare un reale credito a quella teoria. Nei piccoli centri la voglia di creare un "mostro" da prima pagina era la redenzione da un piattume di cronaca insopportabile anche per il più remissivo dei giornalisti, e lei sapeva bene che l'occasione era ghiotta: due ragazze e un ragazzo uccisi con modalità simili, prima torturati selvaggiamente e poi abbandonati senza vita con orribili sfregi sul volto che volevano quasi rappresentare delle caricature. Le guance tagliate come prosecuzione della bocca, gli occhi fuori dalle orbite e il naso completamente schiacciato, quasi a voler riprodurre un clown di macabra ispirazione. La casa in cui abitava Camilla era abbastanza isolata dalla città, e lei amava fare jogging subito dopo il lavoro; si infilava la tuta e le scarpe e con la sacca a tracolla correva spezzando il freddo e il fiato arrampicandosi per le salite e i viottoli che dal centro di Chieti conducevano verso il suo cancello. Viveva da sola, e non doveva rendere conto a nessuno dei suoi orari e dei suoi spostamenti, nonostante i suoi amici e parenti fossero abbastanza preoccupati che la nuova "star" della città potesse essere interessata a lei.
Dopo la sua consueta corsa serale, si fece una lunga doccia calda e rilassante e poi accese la tv mentre si preparava una tisana. Diede una letta al giornale e ovviamente la maggior parte degli articoli verteva sulle indagini relative alle strane uccisioni di Chieti; gli investigatori ipotizzavano che il serial killer (o presunto tale) scegliesse le sue vittime prima facendogli visita nelle loro case o in luoghi conosciuti, per poi ucciderle dopo pochi giorni. Camilla decise di non farsi impressionare, ma quando la teiera fischiò per annunciare che l'acqua era abbastanza calda per la tisana sussultò per lo spavento. Sorrise, bevve l'infuso al tiglio ed andò a dormire.

La casa risuonava degli ormai noti rumori notturni; una tubatura che scatta, uno schiocco del legno in corridoio, una persiana che cigola per il vento. Avrebbe potuto catalogare tutti i rumori con facilità, ma quella notte ci mise più del normale a prendere sonno; si immaginava ombre nere che si materializzavano ai piedi del suo letto, ogni volta che stava per addormentarsi finiva con lo svegliarsi all'improvviso immaginando di trovarsi lo sguardo cattivo e folle del killer di fronte al suo, prima delle orribili torture a cui l'avrebbe sottoposta. Quando il sonno la colse, finalmente, esausta per lo stress nervoso cadde in un turbine di incubi. Il più vivido fu quello in cui sognò di alzarsi per andare a bere, attraversando al buio il corridoio che collegava la stanza da letto alla cucina; la casa le sembrava più grande del normale, e ad un tratto vide un'ombra vicino all'ingresso che prima sicuramente non c'era. Decise di vincere la sua ansia anche nell'incubo, e quasi come se avesse realmente potuto controllare il suo stato di incoscienza si forzò di immaginarsi di alzare entrambe le braccia puntando gli indici verso l'ombra e recitando quasi medianicamente una formula magica di salvezza.
- Tu sei solo un maledetto incubo, un'ombra che sparirà adesso!
Rimase tesa nell'inconscio così come se fosse reale, in effetti tutto sembrava angosciosamente reale, ma in effetti l'ombra sparì. Camilla allora sognò di tornare a letto, e potè finalmente dormire serena.

 

Il mattino successivo il sole splendeva su Chieti, e dopo la notte agitata Camilla si svegliò nelle lenzuola madide di sudore e stropicciate probabilmente dai movimenti continui scaturiti dall'incubo. Buttò tutto in lavatrice, fece una rapida colazione e corse al lavoro. Decise di non leggere i giornali, rimosse l'incubo della sera prima dalla sua mente e si concentrò sui suoi impegni; la sera aveva un appuntamento con Andrea, il simpatico (e carino) ragazzo che suonava da poco nell'orchestra della città. Un musicista attraente ed affascinante con cui stava uscendo da qualche settimana; lui la corteggiava con eleganza, lei con altrettanta eleganza lo teneva sulla corda ma quella sera decise di uscire a cena con lui. Le piaceva, e magari quella poteva essere la sera adatta per dare un seguito alla loro frequentazione. Finito di lavorare, corse a casa, eseguì il suo consueto rituale di preparazione e alle 20 in punto Andrea si trovò sotto casa sua pronto a portarla a cena.
Tutto andava perfettamente, la cena fu un successo, e quasi in un lampo si trovarono di nuovo sotto casa sua, in macchina, prima della buonanotte. Lui le si avvicinò un po' timidamente, lei non lo scansò, le loro bocche prima si sfiorarono e poi si persero in un lungo bacio appassionato. Quando riuscirono a staccarsi, lei volle fumarsi una sigaretta, chiaramente senza fare alcun riferimento alla possibilità di entrare in casa insieme.
Lui era gentile ma fermamente deciso ad ottenere il risultato, ma accettò di buon grado di far due chiacchiere prima di riprendere i loro discorsi intimi.
- E se io fossi il serial killer di Chieti?
La domanda la fece trasalire. Lo fissò negli occhi, e quasi automaticamente cercò con lo sguardo la portiera della macchina. Lui scoppiò a ridere.
- Non posso credere che mi abbia preso sul serio... non siamo ancora sposati, non ho intenzione di ucciderti prima che tu chieda il divorzio costringendomi a passarti gli alimenti!
Camilla rise istericamente, si abbandonò sul sedile e si reputò una completa idiota.
- In effetti avresti potuto uccidermi parecchie volte prima di oggi... se mi hai scelta come vittima, o sei parecchio indeciso oppure sei stato sopravvalutato dai media, tutto sommato!
Andrea rise, poi le passò una mano tra i capelli e la avvicinò a sè.
- Oppure prima voglio capire se meriti di essere una mia vittima...
Si guardarono per un po' e poi si baciarono nuovamente.
Prima che la passione li portasse oltre, Camilla si staccò lasciando Andrea con le labbra ancora protese verso di lei.
- Per oggi diciamo che può bastare, non credi?
Camilla lo baciò sulla fronte e lo accarezzò.
- Ci vediamo domani? Stessa ora?
Andrea sospirò, le prese le mani e ricambiò il bacio.
- Ovviamente.
Camilla scese dalla macchina, con il cuore che le batteva forte. Arrivò alla porta, la aprì e si girò per salutarlo. Andrea ricambiò il saluto, attese che la porta si fosse richiusa e rimase a guardare nel vuoto per qualche secondo. Quando le luci della casa si spensero, si mise seduto di lato, puntò le braccia e gli indici verso la finestra della camera di Camilla e con un filo di voce parlò da solo nel silenzio dell'abitacolo.
- Io sono solo un maledetto incubo, un'ombra che sparirà. Per adesso.
Rimise in moto la macchina e ripartì, mentre una coltre di notte scura avvolgeva la città.

Leonardo Alessandrini

Leonardo Alessandrini, venuto al mondo 32 anni fa, è violinista come Sherlock Holmes e adora scrivere e raccontare storie, specialmente se sono connotate da aspetti inquietanti e spaventosi. Fanatico di Stephen King e di Carlo Lucarelli, ha realizzato programmi radiofonici (Magic Box, Radio Spazio Aperto), ha diretto per anni insieme a Gabriele Barrera la rubrica di cinema della webzine WeMa ed ha collaborato e scritto racconti per altre realtà giornalistiche ed editoriali sul web. Suona, scrive e vive a Roma, e ha promesso che presto finirà di scrivere il suo primo libro.