Post mortem

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2009 - edizione 8

La cosa inaspettata è stata la completa assenza di dolore. Tutte le paure provate in vita sono svanite. Una morte veloce ed improvvisa. Non rimane che attendere la Luce ma intanto il leggero chiarore attorno a me lascia spazio all’oscurità. Prego che la Luce mi venga in aiuto. Non vedo più nulla. Rumori mi fanno voltare. Pare il calpestio su foglie secche. Presto mi rendo conto che non sono passi quelli che sento ma movimenti trascinati come quando si tira un sacco perché troppo pesante. Le sensazioni non sono buone. D’improvviso mi sento sfiorare una caviglia, urlo ma come prima mi fanno compagnia solo silenzio e buio. La cosa ora si avvinghia alla caviglia ed in breve passa al polpaccio con l’intenzione di salire sempre più su. Credevo che paura e panico fossero solo sensazioni terrene.

L’essere umido e scivoloso mi avvolge quel tanto che basta per impedirmi ogni movimento. Chiudo gli occhi, restando nella stessa identica oscurità, e sfogo la mia paura con urla silenziose. Libero la vescica e riapro gli occhi. Una lingua biforcuta fine e rapida sembra cercare il mio viso.
Un leggero alone di luce accompagna i movimenti dell’essere. La bestia si scosta leggermente quasi voglia farsi vedere in tutta la sua presenza. Alzo lo sguardo con terrore. Vedo un viso deforme da bambino dalla cui bocca spunta una lingua a due punte. Gli occhi rossi, la bava alla bocca ed il ringhio roco mi ricordano i cani con la rabbia. La presa ai piedi ed al torace aumenta, ora provo dolore. Mi sento trascinare verso il basso, verso il nero delle tenebre. In un attimo capisco. Capisco che non vedrò mai la Luce, mi aspettano gli inferi. Mai in vita mi aveva sfiorato il pensiero che l’aver abortito tanti anni fa portasse tali conseguenze.

Stefano Pinto