Io sono legenda

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2009 - edizione 8

Lo stridore delle unghie sul pavimento le dava brividi nell’anima. Nemmeno gli occhi d’ombra fissi su di lei; neanche le strisce di carne penzolanti dal viso le erano apparse tanto orribili. E la voce, per quanto sinistra, non era tanto diversa da come la ricordava.
“T-teeelaaav-voot-too... c-chsssiit-tnn-ttoo... aap-peend-d-ttiii...”(1)
Allungò meccanicamente un braccio verso il tavolo della cucina, lo sguardo puntato sul morto, e prese a lanciargli addosso tutto quello che trovava.
“Ooomaaan-nuut-too... aap-pmm-sssaaa...”(2)
Il cadavere continuava a grattare i piedi per terra.
“Èent-tlee... nnc-cee.. c-cmp-poo...”(3)
Disperata, gli lanciò il cellulare, che cadde in pezzi contro il muro. “Perdonami! Sono stati loro a dirmi di ucciderti, ti prego!”
Un braccio scarnificato si mosse, la mano artigliata le sfiorò il viso.
“D-dv-vee-s-snoo ...d-dssoo lloo-o? Sssiis-slaaa. S-ssloooiioo...t-tvooob-bneee...”(4)
Si schiacciò sulla parete, incapace di fare altro, di spingerlo, di toccarlo.
Chiuse le palpebre, trattenendo il fiato contro il respiro fetido che ammorbava l’aria tutt’intorno.

“No!” urlò disperata quando fantasmi di labbra s’appoggiarono alle sue. Poi la nebbia ingoiò la sua mente. Sentì appena gli artigli umidi stringerle i polsi, strapparle i vestiti, afferrarle i capelli. Le unghie annerite graffiavano i gradini come archi scordati sopra ai suoi assoli di terrore. Strisciando nel giardino, la terra bagnata le aderì come una seconda pelle, coprendo bocca e naso, e tutto il resto. Vide tra lacrime di fango le mani scheletriche scavarle accanto. Poco prima di cadere nella fossa, i suoi occhi s’inchiodarono per sempre alle parole scarlatte vergate sulla pietra.(5)
Dopo ci furono solo terra e buio. E il corpo gelido, sopra e dentro il suo.

 

1. Te l’avevo detto che sarei tornato a prenderti
2. Ho mantenuto la promessa
3. È inutile, non c’è campo
4. Dove sono adesso loro? Sei sola. Solo io ti voglio bene
5. Robert Neville e signora, uniti per l’eternità

Luigi Brasili