Sete

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2009 - edizione 8

Due occhi mi osservano da laggiù. Davanti a me il buio più totale, procedo a tentoni con le braccia in avanti in cerca di appoggio, in cerca di “realtà”. Non vedo niente. Dietro di me sento una presenza: mani che si allungano e cercano di prendermi, di afferrarmi. Un brivido gelido parte dalla nuca e attraversa tutta la schiena facendomi sobbalzare sul posto. Ancora quello sguardo in fondo: quei due occhi che si mescolano e si confondono nel buio. Faccio piccoli passi cercando un appoggio; ma fatico a camminare, i piedi temono di calpestare qualcosa. Topi? Siringhe? Corpi? Sangue? I miei occhi ancora non si sono abituati. C’è qualcuno in fondo che mi aspetta, ne sono sicuro. Forse vedo un’ombra più scura... Un rumore. C’è qualcuno, ne sono certo. Si muove. L’idea di tornare indietro comincia a farsi avanti. Decido di improvvisare e battere sul tempo i nervi cominciando a camminare più spedito... i peli sulle braccia e sul collo si irrigidiscono, comincio a rabbrividire sulla schiena quando sento aprirsi dietro di me le porte e le creature iniziano ad inseguirmi.

Creature che non riescono ad afferrarmi ma continueranno per sempre a seguirmi, a farmi paura con i loro tentacoli, le loro braccia, i loro corpi d’ombra, i loro volti terrificanti. Sbatto contro qualcosa: rumore di fogli che cadono; i nervi cedono. Comincio a correre. I miei passi sono pesanti come macigni. Raggiungo la mia salvezza: giro l’angolo. Sono arrivato in salotto: dalle finestre entrano le luci della città; l’arredamento si delinea ai miei occhi, che riprendono a vedere. Stordito entro in cucina e mi disseto dal frigorifero. Acqua fresca per una notte afosa. Mando un sospiro. Ora si tratta di tornare a letto. Devo ripassare dal corridoio.

Daniele Colombi