L'annunciazione

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2009 - edizione 8

Guardo l’Essere muoversi nel mio ventre dilatato, sotto la pelle ormai grigia e tumefatta. Il dolore che mi attanaglia, ora mi concede un attimo di tregua. La mia mente torna a quella notte. Tic, tic. I miei tacchi picchettavano il porfido della strada del centro. M’ero attardata troppo in ufficio perché l’indomani si sarebbe svolto il consiglio di amministrazione e dovevo accertarmi che tutti i documenti societari fossero pronti. Il tailleur stretto non mi permetteva un’andatura veloce. La città, in quella fredda notte invernale, era deserta. Ebbi la sensazione che qualcosa o qualcuno si muovesse alle mie spalle. “Solo suggestione” pensai. Però decisi di tagliare per il portico più illuminato. Appena lo imboccai, mi sentii chiamare. “Eva”. Fu un sussurro, un bisbiglio. Il sangue mi si gelò. Mi girai di scatto e lo vidi. Era un uomo maturo, alto, dai tratti scuri, con i capelli impomatati pettinati all’indietro. I suoi occhi vividi mi sorrisero sinistramente. Con libidine si aprì l’impermeabile mostrandomi le sue nudità. Rimasi paralizzata alla vista del suo sesso che si animava di vita propria. Sembrava un serpente ed in effetti, dopo qualche sinuosa evoluzione, vidi con terrore e sorpresa una lingua bifida uscire dal meato del glande. Mi sembrò addirittura sentirlo sibilare arcane parole. ‘Donna, Ofione figlio di Borea ti ha prescelta. Ti darà indecente piacere trascinandoti nel peccato più bieco. Verrai fecondata, custodendo, alimentando e crescendo il Male nel tuo putrido grembo.’ In un flash fu sopra di me. Fui pervasa da un orgasmo intenso ed estatico che esplose prepotente. Lo sentii vibrare in ogni cellula del mio corpo. Il ricordo svanisce, cacciato da un dolore inumano. Mi ritrovo a gridare con tutto il fiato che ho in gola, nel travaglio dell’ultima doglia.

Alberto Tristano