L'innocenza della rosa

“Per l’unica rosa che non smetterà mai di essere rossa”

 

- Non sopravviveremo -
Questo era il suo unico pensiero. Ormai da tre mesi si nascondeva in quella squallida casetta nel bosco. Mangiava ciò che trovava nella dispensa, a volte anche qualche scarafaggio. Ma le sue riserve di cibo si stavano esaurendo. Fra non molto avrebbe finito gli alimenti principali, quelli di cui il suo corpo necessitava per non indebolirsi. L’ultimo sorso d’acqua lo bevve circa una settimana fa, poi fu costretto a dissetarsi coi molti alcolici che possedeva. E quelli non sarebbero terminati con così tanta rapidità.
- È quasi ora di cena, preparati. Oggi pane e whisky -
Sebbene se lo fosse chiesto da quando era successo, ancora non riusciva a capire perché si ostinasse a parlare al plurale. Dopotutto lei era morta, o sarebbe meglio dire che non era viva. Forse un tempo era esistito un vago confine che separava la vita dalla morte, ma adesso c’era solo lui, forse l’unico ancora realmente vivo, e dall’altra parte vi erano i non morti. Molti erano passati alla seconda vita dopo essere stati infettati. Lui li chiamava zombi.
Non sapeva come tutto questo avesse avuto inizio. Forse un nuovo morbo era l’ipotesi più probabile. Comunque ciò non gli interessava. Era successo, e se per causa di uomini o per volere di Dio non avrebbe avuto importanza.
Lui non era uno scienziato o un medico, perciò non poteva nemmeno provare a ricercare una cura. Era solo un uomo che viveva in un bosco insieme a sua moglie. Un tempo aveva desiderato dei bambini, ora era felice che tale desiderio non si fosse avverato. Probabilmente sarebbero morti anche loro...

- Ci vuoi qualcosa insieme al pane? Ho del prosciutto -
Lei gridò, e dalla bocca imputridita emerse un fiotto di sangue. Guardò quello che un tempo era stato suo marito e provò l’irresistibile impulso di sbranarlo. E, immancabilmente, i ferri che la tenevano immobilizzata a quella piccola sedia di legno riuscirono a placare tale impulso. Aveva i polsi sanguinanti, proprio dove quei maledetti fili di ferro le schiacciavano gli arti contro i braccioli.
- Avanti Rosa, smettila. Lo sai che non mi piace quando fai così -
Rosa, così si chiamava. Un nome che di certo non rispecchiava la sua attuale anima. A Marcus, suo marito, gli era capitato spesso in quelle solitarie giornate estive di guardarla dritta negli occhi, alla ricerca di un frammento di umanità. Ma in quegli occhi iniettati di sangue e dalle pupille completamente dilatate non vi era spazio che per la paura. E, nonostante questo, lui continuava a sperare che un giorno il loro amore sarebbe rinato.
- Mangia. Devi nutrirti. Stai diventando più debole -
Lui le avvicinò un tocco di pane alla bocca e lei provò ad azzannargli le dita. Non riuscì nel suo intento e alla fine si convinse ad ingoiare quello schifoso cibo offertogli dal marito. Lei, così come gli altri zombi, era spinta dal solo bisogno primario: nutrirsi. Se aveva uno scopo, quello era nutrirsi, ad ogni costo.
Entrambi finirono i loro esigui pasti, poi Marcus sbirciò tra le travi inchiodate alle finestre e controllò che non ci fossero ospiti indesiderati ad aggirarsi fuori casa. Fortunatamente vide solo alberi e cespugli. Anche stanotte avrebbe dormito un sonno tranquillo. Questa era la sua condanna... lui non sarebbe morto finché non l’avesse voluto lui stesso. Certe volte aveva creduto di trovarsi all’Inferno e di scontare una punizione. Per lui era questo, una punizione.
Non era stato il più bravo degli uomini, lo sapeva bene. Da giovane aveva ucciso, e non se lo sarebbe scordato mai. La scena di quella rapina al supermercato lo assillava... lui in passamontagna nero che puntava una pistola al cranio del commesso. Gli chiedeva i soldi, tutti quanti. Dopo averli presi premette il grilletto e sparò ugualmente. Poi fuggì, come il più vigliacco degli uomini, e nessuno lo accusò del crimine. Da allora non aveva più commesso reati, si era pentito. Solo in quelle circostanze capiva che pentirsi non bastava, e ora stava pagando, così come doveva essere.
- È ora di dormire. Buonanotte amore -
Si sdraiò sul freddo pavimento cosparso di polvere, con un fucile stretto nella mano destra, e, per brevi attimi, fissò l’oscurità che lo circondava. Le notti diventavano sempre più buie, più fredde, di una malinconia quasi palpabile.
Chiuse le palpebre e fra i lamenti disperati della moglie si addormentò.

 

***

 

Le rose nel loro giardino erano tutte nere. Centinaia di rose nere che formavano una recinzione intorno alla casa. Anche loro erano state contaminate, e ora si trovavano in bilico fra la vita e la morte. Le radici vicino all’Inferno e i petali puntati contro il Paradiso.
Rosa si affacciò alla finestra. Ancora non c’erano le travi ad ostacolare la sua vista. E guardò oltre l’orizzonte, dove il sole stava tramontando. Pregò, come faceva ogni sera, che qualunque cosa stesse succedendo, finisse. Marcus invece aveva smesso di pregare. Le uniche orecchie disposte ad ascoltare le sue parole erano quelle del Diavolo.
- Ho paura - disse Rosa, quasi piangendo. E, in effetti, la paura era l’unica cosa rimasta integra. L’unico sentimento che ancora poteva espandersi a dismisura, fino a ricoprire ogni altra emozione.
Marcus le si avvicinò e l’abbracciò, inconsapevole che quello sarebbe stato il loro ultimo abbraccio.
- Non ci succederà niente, te lo prometto - fu con questa promessa che provò a tranquillizzarla, sperando di regalarle almeno quella certezza. - Noi resteremo insieme per sempre -
Per sempre... l’eternità non è la strada per la felicità, è solo una condanna. Ma ciò ancora non lo sapeva.
- Quando finirà? - chiese Rosa, senza la minima speranza che un giorno le cose sarebbero tornate come un tempo.
- Non voglio dirti bugie... - l’uomo trasse un profondo respiro - Potrebbe non avere fine -
Entrambi piansero. Ad ogni lacrima la speranza si affievoliva e la paura aumentava. Non erano nient’altro che prede in quel mondo capovolto.
Dormirono insieme, coi volti segnati dallo scorrere delle lacrime, e sognarono incubi spaventosi.
La mattina seguente Rosa si svegliò prima del solito e si affacciò alla finestra. Guardò la schiera di rose nere. Se avessero avuto i denti l’avrebbero sbranata senza esitazioni. E, fra tutti quei fiori portatori di morte, ne scorse uno in particolare. Una rosa rossa. Credeva estinti simili fiori... i petali di un rosso scarlatto, voluminosi, su cui si abbatteva la calda luce del sole.
Senza esitare uscì di casa e corse verso la rosa. Si chinò e passò i polpastrelli sui delicati petali. Bastò questo a renderla felice.
- Marcus vieni qui - gridò lei con una voce che si era dimenticata di avere - Guarda cos’ho trovato -
Avrebbe voluto coglierla, ma non lo fece. Non poteva fare del male ad una simile bellezza. Doveva essere l’ultimo esemplare rimasto sulla Terra. Allora la accarezzò di nuovo con il palmo della mano.
- Svegliati Marcus, esci di casa -
Rosa si alzò, sorridendo. Avrebbe mostrato quel fiore a suo marito, e anche lui avrebbe sorriso. Corse verso la porta di casa, ma mai vi fece ritorno.
Gridò, e stavolta Marcus la sentì. Impugnò il fucile e corse da lei. Quando arrivò vide uno strano essere scappare nel bosco. Prese la mira e gli sparò. Il colpo non andò a segno e lo zombi fuggì fra gli alberi.
- Rosa... - gridò lui, prima di vedere il corpo della donna steso a terra. Il collo insanguinato. Lo stesso sangue che cospargeva le rose intorno a lei. Ora erano tutte rosse.

 

***

 

Marcus sobbalzò. Di nuovo quell’incubo. Impiegò diversi secondi per tornare alla realtà, e quando vi fece ritorno sperò di andarsene via presto.
Era sudato, con le mani strette intorno alla canna del fucile.
Perché continuava a sognarla?
Perché non riusciva a dimenticare?
- Svegliati Rosa - disse lui, come in un sussurro.
La donna si svegliò e urlò, scuotendo la sedia su cui era rilegata. I lineamenti del suo volto erano deformati, scavati in quel freddo viso scheletrico.
Caricò il fucile con 2 sole pallottole, e gettò le altre sul pavimento.
- Non preoccuparti, le tue preghiere si sono esaudite. È finita adesso -
Puntò il fucile al petto di Rosa. La pallottola sarebbe stata come la freccia di Cupido. Le avrebbe trafitto il cuore.
- Tu andrai in Paradiso e io continuerò ad amarti dall’Inferno, ma ti giuro che resteremo insieme per sempre -
Sparò e lei morì. Stavolta per l’ultima volta.
Ora toccava a lui, l’ultimo uomo sulla Terra. Si premette la bocca del fucile contro il petto e sparò.
La razza umana si è estinta... restano solo gli zombi, i non morti, e quando anche loro si crederanno immortali sopraggiungerà una nuova stirpe ad annientarli.

Daniele Zolfanelli