Doccia

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

Entra con calma nel box doccia. Nuda, pelle lattea. Seni grandi, pancia tondeggiante.
Flussi d’acqua tiepida la bagnano. Con cura si insapona. Canticchia un motivo triste. È al sesto mese. Sarà un maschio.
L’acqua non esce più. Il sapone le cade a fiotti sugli occhi. Brucia. Esce dal box tutta insaponata. Sgocciola a terra.
Apre il rubinetto del lavandino. L’acqua esce senza problemi, sia fredda che calda. Ritorna fiduciosa dentro il box doccia.
Apre il rubinetto. Acqua tiepida esce in uno scroscio ristoratore, è unguento miracoloso contro ogni tipo di male. L’acqua non esce più. Frustrata, la donna fa per uscire dalla doccia. Si blocca. Un gorgoglio sordo, un lamento di denti rotti proviene dalle tubature. In trance, accosta l’orecchio al muro. Il suono la invita ad aprire i rubinetti. Trema. Paura, freddo e delirio la devastano. Il gorgoglio le parla, una lingua che conosce solo lei. Il suono ordina, lei esegue: apre i rubinetti. Si fida...
Un gracchiare di cadaveri fa tremare il bagno, viene dal rubinetto. Ne esce fuori un fluido d’acqua rossa, ha vita propria.
La donna, immobile, apre muta la bocca. Ha capito. Poggia le mani sul ventre. L’essere ondeggia lieve, poi letale colpisce, penetra la vagina che si strappa come carta straccia. Un solo grido, lacerante. Sanguina a secchiate. Lei è stesa priva di sensi. Il fluido fa il suo comodo in mezzo alle di lei gambe. Emette un risucchio metallico che trascina via il feto. È un esserino minuto e giallognolo con grandi occhi neri a palla. Ora vive dentro il fluido nutrito da acqua e sangue. Il mostro, prima di rientrare nella conduttura dell’acqua, saluta la donna:
- Questo è il nuovo messia, ne andrai fiera.
Prima di perire, la donna digrigna qualcosa tra i denti.
- Lo sono già.

Gabriele Zedde