La sonnambula

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

Ci si abitua a tutto. Anche alla paura di morire.
La prima volta che Paola capì che stava per morire, le forze l'avevano abbandonata, insieme alla speranza che sopraggiungesse qualcuno a salvarla.
Provate ad immaginarvi mentre cadete da un condominio alto 10 piani e non ci sia appiglio o rete sottostante; sapete che nulla frenerà la vostra caduta, né potete sperare che le vostre ossa non si fracasseranno al suolo. Ognuno di voi sa che morirà, sa che nulla potrà salvarlo, perché è arrivata la sua ora. Arriva, prima o poi arriva, si sa.
Ecco questo è quello che Paola ha provato quel giorno che ha visto la morte in faccia. Eppure non è morta. Non sa spiegarsene il motivo. Sa solo di essere ancora viva.
Da quel giorno le è successo spesso di trovarsi di nuovo di fronte alla morte, con la stessa paura, la stessa impotente rassegnazione. Alla fine se n'è fatta una ragione, viva fino alla prossima volta.

La sua vita però non è cambiata in meglio, non gode di ogni attimo in cui il sole, la pioggia o il vento sfiorano il suo volto, non gode della compagnia degli amici, dell'affetto dei suoi familiari o dell'amore del suo uomo, anzi in realtà ogni giorno che passa diventa sempre più passiva.
Non ride, non piange, non prova più nulla. Anche la paura è scomparsa, perché la morte aprendosi un varco dentro di lei è diventata lentamente la sua compagna quotidiana, solo che Paola non se n'è ancora accorta.
È come fosse sonnambula. Crede di essere sveglia invece dorme, crede di essere viva invece dentro è morta. La cosa buffa è che anche gli altri mentre la vedono passeggiare nella notte credono sia sveglia e la chiamano, le parlano...

Cristina