Al crepuscolo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

Era una bellissima giornata d’inizio autunno. L’aria frizzante, pulita. Il sole, lentamente, si adagiava all’orizzonte dietro le dolci e verdeggianti colline. Nei colori del crepuscolo contemplavo un paesaggio straordinariamente unico, e una gran quiete permeava il mio animo.
Lasciai alle spalle l’inferriata ed entrai nel cimitero. Mi diressi alla tomba del mio caro amico Gabriel, morto poco meno di un mese fa, barbaramente trucidato a colpi di accetta da un maniaco di cui non si aveva traccia. Ero ancora avvolta nel piacevole torpore di quel magnifico tramonto, che non mi accorsi che era già quasi buio. Non che avessi paura, però affrettai il passo e cominciai a guardarmi intorno circospetta, come se fossi seguita o spiata.
Non avevo bisogno di vedere la foto di Gabriel al sepolcro per ricordare il suo volto dolce e sorridente. Forse il mio cuore cullava per lui un sentimento che andava oltre la semplice amicizia, ma ormai quel fiore era chiuso dentro una bara in legno circondata da cemento, e di Gabriel non avrei avuto più nulla, oltre al ricordo.

Come sa essere crudele la vita. Spesso mi chiedo quale sia il vero senso di essa: perché un disegno nascosto e grandioso dovrà pur esserci. Non può finire tutto con la morte; un corpo in putrefazione che diverrà poi cenere. No! Non può essere.
Baciai la lapide di Gabriel, feci il segno della croce e mi affrettai ad uscire dal camposanto. Era buio ormai. Nel cielo si accendevano le prime stelle, i lumicini delle lampade votive illuminavano la mia anima quieta e la sua ombra. Non potevo aver paura del luogo in cui, presto o tardi, le mie spoglie terrene avrebbero dimorato per sempre. Poi una mano fredda sulla spalla e una voce afona mi destarono.
“I morti ti prenderanno Barbara. Attenta! Ti prenderanno...”

Anna Maria Montiani