Fame di gloria

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

Stava seduto a gambe accavallate sulla ringhiera del ponte. Sotto di lui, il Tevere scorreva inquieto. Anche il suo cuore era inquieto, e la causa la stringeva nelle mani.
La lettera fu lasciata cadere. Tanti sogni, tante speranze, finivano nel fiume. Nulla gli faceva più paura di dover tornare dalle persone che amava dopo l’ennesimo fiasco.
Ore prima aveva trovato la lettera sulla soglia di casa, e un fremito lo aveva invaso. Già si vedeva celebre, glorificato. Aprendo la busta trattenne il fiato, e per poco il foglio all’interno non gli sfuggiva di mano per l’agitazione.
Solo le prime parole lo pietrificarono: “La informiamo che non siamo interessati al suo romanzo”.
Si era sentito spento, viscido come un verme.
Aveva annaspato alla ricerca di un appoggio per evitare che gli cascassero le gambe. Gli occhi erano umidi e per poco non pianse.
Era corso fuori nella nebbia, vagando come un disperato. Si era ritrovato alla fine su un ponte. Respirava forte, cocente di rabbia. Gemeva guardando l’acqua.
<Brutta serata?> disse una voce.

Lui alzò lo sguardo e vide la donna più affascinante su cui avesse mai posato gli occhi. Il tipo di donna che avrebbe voluto conoscere un giorno una volta ottenuta la fama.
Lui scosse la testa.
<Un bel giovanotto non dovrebbe essere in compagnia?> chiese ancora lei.
Eppure ne fu come incantato. Lei lo convinse a seguirla. Lui non ricordò nulla del tragitto o di cosa stava provando. Sapeva solo che lei lo stava rendendo fiero di ciò che era. Lui si sentì realizzato, apprezzato. Forse non era così disperato come credeva.
<Vieni qui con me> gli disse infine lei, invitandolo sul letto.
E mentre era colmo di felicità, non si accorse che il bacio che lei gli stava dando al collo si tramutava sensualmente in un morso.

Riccardo Leo