Bella come la morte

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2016 - edizione 8

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
(C. Pavese - Verrà la morte e avrà i tuoi occhi)

 

La piccola lacrima abbandonò gli occhi dell’uomo per gettarsi sulle labbra pervinca di lei. Stesa sul materasso la donna la assaporò. Vi sentì il sapore della sconfitta e della paura. Aprì gli occhi neri di carbone e di tenebra. Lo fissò con aria di sfida. Una spinta più forte delle altre le fece riabbassare le palpebre su quelle che parevano due porte per l’inferno. Lui ne avvertiva l’umida morbidezza mentre la penetrava con una violenza mitigata dal terrore. La donna sotto di lui, tremenda nella sua bellezza algida, ansimava a tempo con i suoi movimenti. La bocca si aprì ancora di più. Ne aveva provata la gelida delicatezza poco prima, mentre scorreva avanti e indietro sul suo pene. L’alito freddo di lei sapeva di eternità e dolore.
Inarcò la schiena violentemente mentre lui accelerava il movimento. La vagina si contrasse come a volerlo stritolare, poi iniziò a pulsare una, due, tre volte. Una stilla salata uscì dal lato delle palpebre della donna, ancora serrate dal piacere dell’orgasmo. Poi la sentì abbandonare le membra appagate e rilassare i muscoli fino a quel momento tesi come se fossero stati contratti dal tetano.
Gli occhi della donna si riaprirono, ancora umidi di eccitazione.
«Sei riuscito a soddisfarmi, rispetterò il nostro accordo».
La Morte rimise la veste nera, abbandonata sul pavimento, a coprire quel corpo di una bellezza inquietante. Il cappuccio tetro celò il viso desiderabile della donna, i suoi occhi scuri, le sue labbra bluastre.
L’uomo di fronte a lei non si rivestì, non sarebbe stato necessario. Con un solo abile movimento della sua falce, la Morte recise il filo sottile della vita. Il cuore dell’uomo diede il suo ultimo battito. Crollò sulle ginocchia e poi a terra. Un tenue filo di sangue risalì dallo stomaco e tinse di piccole macchie rosse il pavimento. A fatica alzò per l’ultima volta gli occhi e la vide davanti a sé. Ritta, orgogliosa, tremenda. E bella. Bella come la Morte.
«Grazie» le sussurrò con l’ultimo fiato.
Il sangue, fermo nelle sue vene, non alimentò più il suo cervello. E nemmeno il tumore che lo stava invadendo da dentro, lento ma doloroso e che gli aveva promesso anni futuri di sofferenze e di patimenti.
Poi il gorgo lo prese, muto.

Lodovico Ferrari