Luce fredda

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

La bambina dormiva cullata dalle braccia affettuose dell’uomo.
Lui attese che il respiro divenisse regolare, poi la distese sul letto; rimboccò le coperte e s’allontanò in punta di piedi.
Rimase sulla porta contemplando la dolcezza innocente, il viso paffuto; le palpebre erano in subbuglio, rapite, ne era certo, dai personaggi della fiaba che le aveva appena raccontato.
Spense la luce e tornò in soggiorno, sorridendo.
Dalla finestra giungeva forte il richiamo odoroso dell’erba, inzuppata dal temporale appena concluso.
La luna s’affacciava timida oltre le nubi, seminando gocce di luce fredda sul giardino ubriaco di pioggia.
Chiuse con cura le grate di protezione delle finestre, attento a non fare rumore.
La sveglia segnava le dieci. Doveva affrettarsi.
Si spogliò con cura, poi, nudo, raggiunse la camera da letto. Sua moglie s’era assopita con la tv accesa.
La spense e posò un bacio sulle labbra della bella addormentata, che rispose con un sospiro.
Lui accompagnò quel sospiro, ammirando le fattezze ancora perfette del volto, quel volto che riempiva i suoi sogni ogni notte, da anni.

Buonanotte, amore mio.
Fuori, le nubi fuggivano all’avanzare imperioso dell’astro notturno.
Controllò il sistema d’allarme, chiuse la porta blindata e infilò le chiavi nella fessura della posta.
Diede un’ultima occhiata per verificare che tutte le imposte fossero serrate, poi si voltò addentrandosi nel bosco.
La luna lo sorprese, bucando le fronde degli alberi secolari, mentre correva.
Saettava veloce, ringraziando a gran voce il cielo d’aver avuto in dono l’amore di sua moglie, la dolcezza della figlia: una famiglia perfetta.
Le lacrime gli rigavano il volto.
Prese a correre più forte, poi le ossa iniziarono a rompersi, i muscoli a strapparsi.
Cadde a terra di peso.
Ansimando, implorò la dea dell’aurora di giungere presto.
Poi si rialzò, avanzando a quattro zampe, ululando alla fredda lampada sospesa nel cielo.

Luigi Brasili