Povero Andrea (zombie night)

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

Il locale aveva le pareti dipinte. Nell’oscurità squarciata da lampi improvvisi s’intravedevano spirali e altri motivi tribali. Il volume della musica crebbe man mano che l’ambiente si riempiva di gente, frammenti di luce cominciarono a correre impazziti sui muri e sui corpi, scagliati dalle macchine infernali a velocità vertiginose. Dopo un’interminabile, folle sessione di percussioni - in cui sembrava di stare nel bel mezzo di un rito vudu, pensò Andrea senza smettere un attimo di ballare - fu silenzio per un lungo attimo e subito dopo le tastiere elettroniche presero a creare un’atmosfera di tensione. Quindi si aggiunsero gli archi, ondeggiando in parossismi improvvisi, a schiaffeggiare i corpi flessuosi come un cupo vento balcanico. Fu allora che si ritrovò le sue mani addosso, dappertutto. Era alta esattamente quanto lui, le forme morbide, agili, dopo pochi minuti gli spinse con violenza la lingua dentro la bocca; a tratti Andrea le intravedeva gli occhi verde acqua, gelidi e bellissimi.
Se li avesse potuti osservare con calma, ad una luce naturale, forse avrebbe colta l’inquietante sfumatura color del limo tradirne l’intima marcescenza... invece inaspettatamente, quasi violentemente lei lo spinse verso la dark room. Qui, mentre altre coppie ansimavano e sospiravano di piacere, per prima cosa lo spogliò; poi, completamente nudo, senza smettere di leccarlo e mordicchiarlo, lo strangolò con un gesto secco, usando la sua stessa cravatta di seta nera, infine cominciò a mangiarselo, povero Andrea, proprio lì in mezzo, mentre anche gli altri fremevano ignari di piacere, al buio.

Angelo Lazos