Il can che dorme

Da qualche parte nel cosmo.
-Comandante! L’abbiamo trovato. Lentamente il Comandante si avvicinò allo schermo e i suoi occhi brillarono per l’emozione; due cicli stellari e la scansione di un migliaio di Parsec cubici di spazio avevano finalmente dato i loro frutti.
-Ingrandisci l’immagine e dammi le coordinate.
L’espressione che comparve sul suo volto, davanti all’immagine e ai dati, era un misto di odio e disgusto -Ancora qui! Ma allora è proprio un covo!
Gli era stata data carta bianca per quella missione e non avrebbe fallito. La sua attitudine nel dare ordini era un capolavoro di induzione militare, ma a lui piaceva pensare che era tutto scritto nei suoi geni; d’altra parte, anche il suo bisnonno era stato un grande stratega tanto tempo addietro.
-Primo Esploratore! Classifica completa del pianeta. Ufficiale in seconda! Prepari la manovra di avvicinamento e tenga pronto il settore di lancio!
-Signore... Dalla semioscurità del ponte di commando, una figura emerse cauta, accostandosi con deferenza al Comandante e fissando lo schermo. -Sì?
-Vorrei, con il dovuto rispetto, suggerire l’alternativa della dominazione e dello sfruttamento su vasta scala... nel nostro interesse ovviamente.
Qualche secondo di silenzio con il blip degli strumenti in sottofondo.
-Nel nostro interesse ha detto? Mio caro... il nostro interesse non è più la ricchezza... né il potere. Posso ricordarle che dominiamo qualche decina di galassie e che ciascun abitante del nostro glorioso pianeta possiede almeno due schiavi? Oh già... dimenticavo che lei è uno scienziato, per lei è più importante studiare le nuove forme di vita, la composizione chimica dei nuovi pianeti, la loro storia... non la sicurezza del nostro popolo, vero? La sicurezza, ricordi bene Dottore, solo questo attualmente è il valore più prezioso.

-Ma siamo sicuri che siano stati loro? Ribatté lo scienziato.
-Abbiamo calcolato con assoluta precisione il percorso effettuato dall’oggetto per arrivare in prossimità del nostro pianeta. Intercettandolo in tempo per fortuna...
-E per quanto riguarda la sua pericolosità?
-Si tratta di quel metallo allo stato puro maledizione! Se fosse caduto nel nostro oceano sarebbe stata la fine per tutti noi! Abbiamo rischiato in passato con quell’altra civiltà e non deve accadere di nuovo. In ogni caso, le sue domande cominciano ad innervosirmi...
-Ma... Signore... io volevo solo evitare la perdita di quest’ottimo materiale di studio, ci troviamo nello stesso sistema in cui il suo antenato... A quella parola, il comandante si voltò di scatto e prese lo scienziato per il collo, fissandolo furente con i suoi tre occhi argentei -Non nomini mai più... alcun membro della mia famiglia... chiaro?
Lo scienziato si ritirò, avvilito, nella sua postazione struggendosi su quanto la scienza stava per perdere e sull’opportunità di studio che mai più si sarebbe ripetuta. D’altra parte, un nuovo approccio all’argomento con il Comandante poteva essergli fatale; era imprevedibilmente irascibile e persino i suoi superiori si trovavano a disagio in sua presenza. Possedeva però capacità impressionanti e un carisma di prim’ordine che giustificavano ampiamente la sua posizione.
Il Comandante, ancora saturo di rabbia, tornava con la mente a quanto accaduto nel passato quando, dallo stesso sistema solare in cui si trovavano e dal quarto pianeta per la precisione, un oggetto non identificato con all’interno alcuni pannelli fatti di quel terribile metallo si avvicinò pericolosamente al loro pianeta Borkog.
La geografia di Borkog era semplice: un solo enorme continente circondato da un denso oceano, a volte solido, costituito da un rarissimo elemento che loro chiamavano Portatore di Vita. Il contatto tra un solo atomo di quel metallo e la sua superficie, avrebbe semplicemente trasformato il pianeta in una mini-nova.
Lui conosceva bene quel tipo di reazione; da tempo immemorabile, gli scienziati Borkog ipotizzavano che qualunque materiale costituito da un elemento a 79 centri di decoerenza, totalmente assente in quella regione di spazio, a contatto con il loro denso oceano avrebbe innescato una spaventosa liberazione di energia. Chiaramente, chiunque avesse posseduto quel metallo avrebbe avuto a disposizione un’arma estremamente potente, rendendo la nobile razza dei Borkog ridicolmente vulnerabile.
Per fortuna l’oggetto fu intercettato e, dopo una lunga e faticosa ricerca, si identificò anche il pianeta d’origine.
Il suo antenato, gran condottiero, guidò la spedizione punitiva che rase al suolo e sterilizzò il pianeta, riducendolo ad un deserto di sabbia rossastra. Gran bel lavoro, che purtroppo trovò le aspre critiche dell’Istituzione Scientifica, allora dominante, la quale pretendeva di ridurre il pianeta ad una specie di oasi per lo studio di flora e fauna. Idioti.
Ora, dopo tanto tempo un altro oggetto simile era stato intercettato e, da quanto appena rilevato, proveniva dal terzo pianeta di quel dannato sistema solare. Questa volta però l’Istituzione Scientifica contava meno di niente e sarebbe stato lui a portare a compimento l’opera, per il bene del suo popolo. Al suo rientro sarebbe stato acclamato come un eroe e avrebbe dato ulteriore lustro al suo casato.
Dopo un salto istantaneo di una decina di Unità Galattiche, l’enorme massa bianca dell’astronave comparve d’improvviso in prossimità del bersaglio, ben nascosta dall’unico satellite che vi ruotava attorno; al suo interno l’attività era frenetica ma diabolicamente metodica e precisa, mentre il Comandante emanava calma e fredda determinazione, con la sottile fessura boccale leggermente socchiusa che ad un Terrestre sarebbe apparsa come la perfida parodia di un sorriso.
-Signore! Attendo istruzioni sulle modalità di esecuzione.
-Semplice. Daremo loro indietro ciò che volevano generosamente donarci... con una piccola modifica s’intende! Ma non voglio correre rischi inutili con l’antimateria; useremo il sistema lento e graduale. Preparate la bomba a gravitoni.
L’oggetto fu sistemato nel modulo di lancio. Certo aveva un’architettura buffa a vedersi ma quel terribile disco al suo interno, che mostrava degli incomprensibili tracciati raffiguranti sfere, punti, linee e due orrendi organismi, non aveva nulla di divertente. Raccapricciante, piuttosto.
-Ufficiale in seconda! Usciamo allo scoperto, voglio che tutto l’equipaggio possa godere dello spettacolo. Lentamente, come un bianco e spietato predatore, l’astronave Borkog entrò in contatto visivo con il bersaglio. Al suo interno c’era un tale silenzio che si poteva udire solo il basso respiro dei suoi motori, rotto all’improvviso dalla voce del Comandante che ad un orecchio Umano sarebbe parsa come l’accartocciarsi di una lamiera:
-Armiere! Lancio!
Una fessura oblunga si aprì nel fianco dell’astronave dalla quale fuoriuscì l’ordigno che, dopo tanto tempo, tornava a casa descrivendo una parabola e sistemandosi in orbita stabile attorno al pianeta.
-Armiere! Attivi il dispositivo.
Una frazione di secondo dopo che l’ordine fu eseguito, l’ordigno scomparve emettendo un piccolo lampo di luce; quest’ultimo venne quasi istantaneamente sostituito da una macchia di nulla che, allargandosi, divorava famelica lo spazio circostante fino a prendere la forma di una sfera nerissima, ben stagliata contro la luce azzurra del pianeta.
Sulla terra, in una spiaggia assolata, una moltitudine di persone cercava rifugio dal caldo più feroce degli ultimi dieci anni, mentre alcuni bimbi costruivano castelli di sabbia che proprio non volevano stare su; c’erano delle piccole ed intermittenti vibrazioni che distruggevano continuamente il loro alacre lavoro. Per non parlare del vento che si stava alzando. Uno di loro, il più piccolo, si fermò e guardò affascinato ed incredulo un’auto che lentamente saliva verso l’alto; era talmente preso dall’insolito spettacolo che non sentì le urla isteriche dei bagnanti alle sue spalle, né si chiese come mai stesse galleggiando in aria con ancora in mano la paletta.
Quando finalmente si voltò, riprendendo di colpo contatto con la realtà, vide delle immense colonne d’acqua salire verso il cielo diventato plumbeo e tutto intorno dominava un continuo assordante tuono accompagnato da un vento fortissimo; ebbe appena il tempo di realizzare, in un attimo di puro orrore, che tutto si sollevava sempre più rapidamente in una stessa direzione, che venne letteralmente scaraventato verso il vuoto.

Danilo Concas