Io e il mio coltello

La mia mano trema sempre più nell’accostarsi al manico del coltello, “il mio piccolo amico”, come avevo iniziato a chiamarlo scherzosamente da qualche settimana. Con il passare dei giorni mi sono affezionato a questo coltello, me ne sono innamorato, ma fin da subito avevo avvertito un’attrazione irresistibile nei suoi confronti, sapevo che era quello giusto per uccidere mia moglie. Ogni sera passavo delicatamente le dita sul suo filo tagliente, lasciando che i miei polpastrelli si aprissero ad un patto con la lama. Volevo che sulle mie dita restasse un lungo e doloroso arco, simbolo di alleanza sempiterna tra un uomo ed il suo coltello. Ci accarezzavamo dolcemente a vicenda nel buio, pensando a quella donna malvagia, quel cancro che dormiva ogni notte al mio fianco e che mi aveva rovinato la vita. Io e il coltello fantasticavamo sui nostri progetti sanguinosi, sulla nostra liberazione. Anche ora che tutto è compiuto, il mio cuore sobbalza al contatto con il suo manico in plastica nera. Così liscio, così sensuale. Lui non faceva altro che ripetermi di avere coraggio, di agire subito, così quella donna avrebbe pagato per tutte le rinunce che ci aveva imposto, per tutta quella frustrazione, per tutto. Così oggi mi sono deciso, la mia ribellione è iniziata. Qualcosa dentro di me si è mosso. Lento e pesante, come una bolla nel fango, ma si è mosso, trascinando con sé tutto quel corpo di desideri inibiti e ira repressa che avevo accumulato negli ultimi quindici anni.

Quando quella donna è tornata a casa, un’ora fa, ha cominciato come sempre a lamentarsi, non ne ricordo nemmeno il motivo. Per tutta risposta le ho fatto cenno di sì con il capo e le ho sorriso; questo è bastato a calmarla. Ho aspettato qualche minuto e sono andato in cucina a cercare il mio compagno; brandito il coltello, sono tornato nell’altra stanza. Quella donna sedeva nella sua poltrona preferita e mi guardava confusa, come un cane stupido di fronte ad un ordine del padrone. Questione di pochi istanti e tutto si è concluso. Ora le mie mani sono incontrollabili, squassate da ripetute convulsioni, tutto ciò che provo e ho provato sta sgorgando dai miei occhi e dalla mia bocca, in forma di lacrime e grida. Vorrei scorrere nuovamente le dita sulla lama del coltello per rinnovare il nostro patto, ma mi è impossibile, perché è profondamente piantato nel mio stomaco. Lui doveva essere per me un amante, un amico e un complice, e mi ha tradito, ha trafitto il corpo sbagliato. Ma chi lo sapeva che quella donna malvagia stava frequentando un corso di autodifesa?

Marco Battaglia