L'inestinto

I.
Oceano Atlantico,
1804

 

Un vento teso soffiava da est, gonfiando le vele del brigantino.
Il giovane ufficiale represse il desiderio di estrarre dal taschino del panciotto il suo Breguet d’oro e di farne scattare il meccanismo di apertura. Molti suoi colleghi inserivano all’interno la miniatura della donna amata, lui non avrebbe trovato altro che l’oro della cassa, bella e preziosa, ma vuota.
« Le navi hanno un’anima di donna. » pensò « Fin dall’origine dei tempi è stato così. »
Sentiva il ponte vibrare sotto i suoi piedi. Presto il suo turno di guardia sarebbe finito ed avrebbe potuto scendere nel suo alloggio. Era così preso dalle proprie riflessioni che non si accorse della scia luminosa che brillava a poppa: una sirena, guidata dai suoi pensieri, aveva cominciato a seguirli.

 

Non aveva nome, così la chiamò Calypso. Era una creatura marina, aveva un corpo lucido e liscio, color dell’ebano antico. Gli occhi avevano bulbi grandi, bianchi, con iridi scure e liquide.
« I tuoi occhi sono profondi come il mare, Calypso. » le diceva.
Quando le carezzava il viso, lei piegava la testa da un lato e gli imprigionava la mano tra la guancia e la spalla. Lui sentiva il freddo del suo corpo sotto le dita, freddo come le acque abissali. Lei rideva e mostrava i suoi denti, bianchi come perle, sottili ed appuntiti. Lo baciava e, quando gli mordeva le labbra, li sentiva chiudersi delicatamente sulla sua carne. Non gli facevano male, ma erano i denti di una creatura carnivora.
Si amavano sulla spiaggia. Lei gli stringeva le gambe muscolose attorno ai fianchi e lo guidava a penetrarla, come a penetrare i segreti del mare. Poi restavano abbracciati, ascoltando il rumore delle onde che si frangevano sugli scogli.
« Vieni con me. » gli disse un giorno « Oggi conoscerai il Mentore. »

Il Mentore non aveva corpo, era pensiero puro. La forza della sua mente irradiava una luce abbagliante.
« Calypso, come la chiami tu, è la più bella delle mie creature. » gli disse « Lei è la mia messaggera e la guardiana di questo palazzo. Lei prova per te un’emozione che non avevo mai letto nei suoi pensieri. E’ quello che voi umani chiamate amore e sento che anche tu ricambi il sentimento. Lei ha scelto te, ed anche io lo farò: tu diventerai il mio braccio nella guerra che sto combattendo contro un nemico mortale. »

 

II.
Una città del nord Italia,
ai giorni nostri

 

La giovane donna apre la porta ed entra in ufficio.
E’ bella Rosaria, di una bellezza fulgida: non è alta, ma perfettamente proporzionata, il volto è ovale, appena un po’ largo agli zigomi. Ha gli occhi verdi ed i capelli rossi, anche se è di origini siciliane.
« Discendenza normanna! » scherzano i suoi colleghi, ammirati.
Come ogni bella ragazza ha avuto delle storie, ma nessuna importante, fino all’incontro con Gaetano, in occasione del suo primo incarico. Gaetano era diverso: mani diverse, occhi diversi. E gli occhi, dicono, sono lo specchio dell’animo.
Facevano l’amore nella casa al mare di lui, a Gallipoli. A Rosaria piaceva sentirlo dentro di lei, piacevano le mani di lui sul suo corpo, piacevano i suoi abbracci. Aveva venti anni più di lei e anche questo le piaceva, la sua vicinanza le dava sicurezza.
« Ti amo. » gli aveva detto un giorno.
« Aspetta... »
« Si...? »
« Quando siamo insieme stiamo molto bene, ma... »
« ... Ma? »
« Ma non voglio complicazioni, specie con una collega. »
« Specie con tua moglie. » aveva pensato lei.
« Cosa sono io per te? » gli chiese, senza guardarlo, passando le dita sul suo petto, seguendo la linea dei bicipiti, tra la peluria.
« Una scopata, una bella scopata, ma niente altro. »
« ... »
Rosaria aveva chiesto il trasferimento e Gaetano lo aveva firmato: era il suo superiore.
« Hai delle ottime note caratteristiche, sarai accolta benissimo. E’ un buon incarico... Mi dispiace... »
« Grazie, dottore. » gli aveva risposto lei.
Oggi le piacciono le strade diritte ed i lunghi viali della città, soprattutto di notte, anche se assumono un aspetto vagamente inquietante e pericoloso. Ma Rosaria sa far bene il suo lavoro, sa muoversi sicura e con autorevolezza. Qui ha avuto le sue prime promozioni ed ha lasciato le volanti per gli incarichi investigativi. Rosaria è sovrintendente della Polizia di Stato.

 

L’ uomo che la attende, seduto davanti alla sua scrivania, si alza e la accoglie con un sorriso.
« Il dottor Stragapede è un consulente del sostituto procuratore Conte. » lo ha presentato il vicequestore.
« Buon giorno, signorina. »
E’ bello, si sorprende a pensare Rosaria: il fisico atletico, muscoloso senza che lo si noti troppo. Forse le mani sono un po’ troppo sottili, un poco effeminate. Ha un bel viso regolare ed espressivo, con grandi occhi scuri. Porta un bastone da passeggio di lacca nera, con il manico d’argento curvo, foggiato come un’onda.
« Dandy finocchio. » pensa Rosaria.
« Mi dica, signorina. »
« Sovrintendente. »
« Mi dica, sovrintendente. »
« Il sacerdote, padre Mariano, è stato trovato impiccato nel suo appartamento. Nel congelatore c’erano... »
« Dei resti? »
« I resti di cinque persone. Aveva seviziato ed ucciso cinque seminaristi. »
« Mi interessano le sue impressioni, sovrintendente. »
« In casa c’era un’atmosfera corrotta ed un odore terribile. »
« L’odore della morte? »
« No, qualche cosa di diverso. Peggiore. »
« La ringrazio, sovrintendente. Questo è il mio biglietto, ci sentiremo ancora. »
Al centro del biglietto campeggia il nome: Carmine Stragapede. Sul lato posteriore del cartoncino c’è scritto: Biblioteca civica, Livre des passages des creatures extradimensionnel.

 

Il libro è vecchio, ma dà l’impressione di non essere mai stato letto. Racconta di come forze di altre dimensioni possano penetrare in questo mondo, analizza casi di possessione e li spiega alla luce di questa teoria. Persino i corpi dei morti, dice, possono essere preda di queste manifestazioni e tornare alla vita.
In una pagina mezza bianca, Rosaria, legge un appunto, vergato a penna:
”Non è morto quel che dorme ( attende ) eternamente, ci sono esseri nei quali la morte stessa può morire.“
L’autore del libro è un occultista, vissuto a Parigi ai primi del ‘900, Carmine Stragapede si chiamava.
« Come quello stronzo pomposo. » pensa Rosaria.
Digita il nome su Google e studia i risultati delle ricerca. Ci sono molti altri libri, tutti di argomento esoterico, attribuiti a quell’autore, ma sono le date ed i luoghi di edizione a colpire la sua attenzione. Le date di pubblicazione variano dal 1805 al 2005 e gli editori risiedono in tutte le principali città del mondo.
« Ma quanto scrive la famiglia Stragapede? » pensa ironica.
Sceglie il titolo che sembra avere la data più vecchia e continua la ricerca. Accedendo al sito della biblioteca della Sorbona, può scorrere le pagine scansionate di una edizione originale. Al centro di un cartiglio, di foggia rinascimentale, è possibile visualizzare un’incisione con il ritratto dell’autore: un uomo giovane e bello, con il viso regolare ed espressivo, dai grandi occhi scuri.
« Cazzo. » pensa Rosaria, mentre uno strano senso di disagio sembra insinuarsi nella sua mente.

 

Il vibracall del cellulare, “Carmine chiama “
« Non avevi il mio numero. »
« Questo non ha importanza. Dobbiamo vederci subito, padre Mariano è scomparso. »
« Il suo corpo è scomparso, padre Mariano è morto. »
« Al suo indirizzo, tra mezz’ora. Non è morto quel che dorme... »
« ... ci sono esseri nei quali la morte stessa può morire. » conclude Rosaria, parlando al cellulare ormai senza interlocutore.
Il sapore della paura, come quello di una bava acida, le sale dallo stomaco, come quella volta che un tossico l’aveva minacciata con un coltello alla gola, come quella volta che un rapinatore le aveva puntato contro una pistola, ma più forte.
« Cazzo. » pensa.

 

Prende la Beretta d’ordinanza e la infila nella fondina, calza i mocassini sui piedi nudi ed esce. Il freddo la fa rabbrividire per tutto il tratto di strada fino alla macchina.
Quando arriva e parcheggia in doppia fila, con i lampeggianti accesi, si accorge che la porta della villetta è aperta, i sigilli di nastro adesivo strappati. Si muove circospetta, la pistola impugnata a due mani, tenuta bassa, inclinata davanti a sé. In casa il fetore è insopportabile. Ha cominciato a sentire un respiro basso, sibilante, come emesso da polmoni fradici. La figura davanti a lei è nuda, come era stata sul tavolo dell’obitorio.
« Padre Mariano?! »
Quando lui si volta, si sente gelare il sangue.
« Padre Mariano non è più, siamo in molti ora! »
Il corpo muta continuamente, come percorso da brividi della carne. Volti si gonfiano, come bubboni, sulle spalle, sul petto, all’inguine, aprono occhi ciechi, bocche sdentate e sussurrano versi osceni.
« Fermo, polizia! » grida mentre l’essere si lancia contro di lei.
Preme il grilletto a ripetizione: il carrello dell’otturatore sembra muoversi con lentezza esasperante, espellendo i bossoli, mentre dalla canna si accendono lampi di fuoco azzurrognolo. I colpi sfondano la carne fradicia ed i volti deformi, ma non sembrano avere altro effetto sulla creatura. Rosaria continua a sparare, mentre nella stanza entra Carmine: brandisce una lama sottile, estratta dalla canna cava del suo bastone da passeggio.
« Possa il mio braccio non tremare, possa la mia spada divenire la spada del giusto. » mormora.
Rosaria percepisce una vibrazione, come un’onda scura, avvolgerli tutti e perde i sensi.

 

Il vibracall del cellulare, “Carmine chiama “
« Chi sei? »
« Un sorta di emissario. Esiste un essere, di un’altra dimensione, che sta cercando di penetrare sulla terra, usa i corpi degli esseri umani come porta. E’ chiamato la Navicella. E c’è un guardiano che combatte per impedirlo. »
« Tu sei l’emissario di quel guardiano? »
« Sì, ... e sono immortale. »
« E’ finita? »
« Per questa volta. »
« Succederà ancora? »
« Sì, ... forse ci incontreremo ancora. »
La comunicazione si è interrotta, rimane solo un vago rumore di fondo nell’auricolare. Rosaria chiude il cellulare.

 

III.
Oceano Atlantico,
oggi

 

La mente superiore del Mentore percepisce il pericolo come una vibrazione, un’onda leggera che perturba lo scorrere ordinato dei suoi pensieri. Vede un uomo elegante: ha steso due sottili strisce di polvere bianca su di uno specchio ed ora le inala con una cannuccia. Qualcosa di nero ed alieno penetra in lui, frammisto alla polvere, e comincia a cambiarlo...

Magda L.