La mambo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

La mambo allargò le braccia e chinò il capo.
Do’ mi pa fumè, Baron Samedi!”, esclamò.
Nubi scure si addensarono sul cimitero, mentre la luna parve tingersi di sangue. Il Custode delle anime dei morti si era assopito, secondo il volere della sacerdotessa.
La vecchia volse lo sguardo verso la tomba.
Mortoo tomboo miyi, Jean Dupuis, mortoo tomboo miyi!
Un fulmine squarciò il cielo. La mambo ghignò quando vide che la terra ai suoi piedi iniziava a smuoversi. Lentamente, il cadavere emergeva dal sottosuolo, strappato all’eterno riposo, mentre la sua anima si dibatteva disperata all’interno della boccetta, in mano alla sacerdotessa.
Mio padre, con fatica, si issò in piedi. Un altro lampo fendette l’aria, illuminando il suo volto, emaciato e sporco di terriccio. Mi scrollai di dosso il timore che mi aveva quasi paralizzato durante quel rito diabolico e uscii allo scoperto. Puntai la pistola e feci fuoco tre volte. Ma lei, invece di cadere sotto i colpi, iniziò a levitare, avvicinandosi a me.
La mia pistola vomitò gli ultimi proiettili, inutilmente. La mambo, sospesa a mezz’aria, iniziò a ridere. Era una risata sardonica e agghiacciante, degna del peggiore dei demoni.

Allargò le braccia, fissandomi con occhi di fuoco.
Miyi, mes âmes damnées, miyi!
Il cimitero si svegliò dal suo sonno.
Dieci, venti, cento zombi abbandonarono le loro tombe, circondandomi. Mi guardai attorno, cercando una possibile via di fuga, ma i morti viventi erano troppi e troppo vicini a me.
Sfilai il coltello dalla cintura, deciso a giocarmi l’ultima carta. Nessuno ci aveva mai provato, nemmeno mio padre in punto di morte.
Con un colpo deciso mi schiantai la lama nel petto.
Do’ mi pa fumè, Baron Samedi!”, mormorai, accasciandomi al suolo.
Chiusi gli occhi, scandendo il resto della formula e sperando che la luna tornasse a tingersi di rosso.

Gabriele Lattanzio