Vendetta

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Erano secoli che non preparavo una dagida. La stoffa, la cera, il filo. Le dita erano incerte, poi hanno ritrovato i movimenti giusti, fluidi e precisi. In fondo non si disimpara mai.
Ho iniziato dalle mani.
Le rivedo ancora, quelle mani affusolate, da pianista, strumenti infallibili del brillante chirurgo.
Mani che tante volte mi avevano accarezzata, e illusa...
La dagida era davanti a me, inerte. Ho afferrato il bisturi e reciso le braccia.
Subito dopo ho preso gli spilloni d’argento e li ho conficcati negli occhi.

 

Lui si stiracchiava pigramente sul letto disfatto, fumando con voluttà una sigaretta e osservando compiaciuto il proprio corpo, ancora asciutto e scattante.
Un dolore lancinante alle braccia lo riscosse dal torpore. La sigaretta cadde sul lenzuolo di seta, le mani tranciate di netto si muovevano a scatti come grossi ragni inconsulti. Dalle braccia amputate il sangue usciva in getti rossastri, si riversava sul corpo, schizzava le pareti.
Un’altra fitta insopportabile agli occhi. Lui iniziò a gridare, portò al volto i moncherini sanguinanti. I bulbi oculari, scalzati dalle orbite, rotolarono sul letto, si immobilizzarono in un inutile sguardo strabico.

Ho dovuto fermarmi, prendere fiato, calmare la fretta.
Con mano ferma ho tracciato lentamente una sottile incisione dalla gola all’inguine della dagida.

 

Le ferite non erano mortali, non ancora. Paralizzato dall’orrore, sentì lacerarsi la pelle; la striscia di sangue gli attraversò il torace, il bianco osseo dello sterno sollevato dalla respirazione sempre più ansimante. L’incisione proseguì più in basso, aprendo i fasci muscolari, sezionando gli organi interni. Il cuore pulsava impazzito, il letto era intriso di sangue che gocciolava nerastro sul pavimento. Lui si rannicchiò, tremante, il suo grido trasformato nel guaito di un animale morente.

 

La stanchezza era quasi insopportabile, ma dovevo compiere la mia vendetta.
Con un taglio netto ho decapitato la dagida.

Silvana Ponsero