L'ultimo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

L'ultimo uomo rimasto sulla Terra ha sentito un rumore.
Si alza dal lettino e tende l’orecchio. Abita in quel bunker antiatomico da sei mesi, da quando l’ha trovato per caso camminando per le strade senza vita del pianeta.
Ha vissuto quasi per un anno vagando per la sua nazione, prima in compagnia di quelli che sembravano immuni come lui, poi da solo, quando anche il suo amico Henry se n’è andato. Ucciso da non si sa bene quale malattia che era nata e cresciuta nell’aria.
Si è cibato di piante, animali, rifiuti organici. Di tutto. Persino del suo amico Henry. Fino a quando non si era rifugiato lì, dove aveva trovato una famiglia di cinque persone. Papà e mamma erano nel letto, uniti nell’ultimo abbraccio d’amore. I due figli maschi erano morti in giardino. L’unica figlia femmina era riversa in una pozza di dimensioni disumane del suo stesso vomito, nel centro del soggiorno. Una Barbie sporca di liquido giallastro era abbandonata in un angolo.

L’ultimo uomo rimasto sulla Terra era stato però abbastanza fortunato: nel rifugio aveva trovato cibo che gli sarebbe bastato per due anni, se avesse mangiato con parsimonia. Esplorando meglio la sua nuova dimora aveva notato che era stato installato un periscopio, tipico dei sottomarini. Aveva provato a guardarci dentro, e aveva notato con stupore che vedeva perfettamente la strada davanti alla casa.
Adesso, dopo essersi alzato dal lettino, si precipita proprio in direzione di quello strumento così fuori luogo. Ci guarda dentro e nota una forma scura, come un’ombra, che scompare repentinamente alla sua vista. Guarda per terra, sulla strada, e nota che ha nevicato. Nessuna impronta sporca quel panorama così soffice e uniforme.
Si stacca dal periscopio e guarda verso l’entrata.
L’ultimo uomo rimasto sulla Terra ha sentito un rumore.
Qualcuno bussa alla porta.

Stefano Porta