Canidia

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

La figura incappucciata siede silenziosamente sui resti di un’antica colonna.
La sua struttura scheletrica e la sua pallida pelle morta, testimoniano che non è viva. Però respira. I suoi lunghi capelli coprono parzialmente il volto come un sipario nero, poi, con un impercettibile scricchiolio la sua testa si volta nella tua direzione: affascinanti pozzi neri ti scrutano dentro.
Lentamente un sorriso intrigante affiora sulle labbra della donna. Quando si alza il mantello che la copre rivela un vestito rosso e, sotto di esso, un corpo elegante e seducente che ondeggia in modo primordiale mentre lei avanza verso di te, dimentichi chi sei e come ti chiami mentre avverti che sei nato per vivere quel momento. Solo per quello. Solo per lei.
La sua voce vellutata lecca le tue orecchie con parole maliziose.
"Sono la tua rovina. Vivo qui in attesa di nutrirmi degli spiriti dei morti e di coloro che stanno per diventarlo. Sono una cacciatrice di anime. E tu sarai mio. Avvicinati un pò, mostrami i tuoi occhi." Senti che quella voce ti lecca dolcemente l’anima.
"Chi... sei?" sussurri debolmente cercando di resistere alla seduzione. Di nuovo quel sorriso malizioso, punteggiato da denti insoliti, ti fa sbandare.
"Io sono Canidia." Sussurra mentre si sporge in avanti sfiorandoti il collo con le labbra turgide. Avverti il brivido che ruscella in basso verso l’inguine, senti il calore nascere dentro di te ma subito dopo congelarsi e morire risucchiato dolorosamente verso l’alto quando le zanne ti penetrano. La bocca distorta e insanguinata di Canidia urla frasi lontane: “Dell'opera mia fedeli testimoni, Notte e Luna, regina del silenzio, al tempo dei sacri misteri, ora, ora assistetemi e l'ira divina volgete sulle case ostili. Mentre le fiere si nascondono negli orridi, abbandonate a un dolce sonno, fate che i cani della Suburra latrino.”

Claudio Foti