Il peccatore

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Di sera, fumando sul balcone di casa mia prima di andare a dormire, all’improvviso ebbi la fortissima sensazione di essere osservato. Mi guardai attorno ma non vidi nulla e solo quando stavo ormai per rientrare, incorniciati da una finestra del palazzo di fronte, immersi nella totale oscurità, mi accorsi di due occhi che mi fissavano ferocemente. Mi si rizzarono tutti i peli del corpo e inorridii agghiacciato da quello sguardo famelico, quei fanali troppo grossi per essere umani, con pupille più simili a due puntini di nera malvagità. Uno sguardo così gelido che sembrava volesse trapassarmi da parte a parte e poi dissacrare il mio cadavere.
Spaventato mi affrettai a tornare in casa, con l’intenzione di accendere tutte le luci e sbarrare ogni possibile ingresso. Ma fatti i primi passi nel soggiorno mi si pararono davanti esattamente quegli stessi occhi. Deflagrò l’orrore nel mio cervello, e prima ancora di rendermene conto, indietreggiando persi l’equilibrio, sbattendo la testa e perdendo conoscenza.

Quando mi risvegliai era ormai giorno e gli occhi erano spariti. Anche se ero ancora terribilmente scosso, cominciai a chiedermi se non fosse stato tutto un incubo.
Poi scese nuovamente la sera. Esitai a restare al buio e spensi l’ultima luce solo un istante prima di coricarmi. Quell’attimo bastò agli occhi crudeli per ripresentarsi. Allora capii, sarebbero tornati ogni volta che mi sarei trovato al buio. A tentoni, con l’angoscia che mi attanagliava, cercai l’interruttore della lampada. L’incubo mi fissò con un misto di odio e nero sarcasmo. Nel buio vidi aprirsi le sue terribili fauci, enormi, sbavanti e con denti aguzzi. Subito un forte olezzo di morte saturò la stanza: «Ssappiamo chi sssei... l’Immondo è qui a ricordartelo... l’inferno ti asspetta!». Urlai e urlai e urlai.
Adesso so di meritarmi l’inferno, ma non avrei voluto sapere della sua esistenza.

Stefano Alessio Forbus